Questo 1° Maggio 2024 non mi sembra onorato in modo conveniente dai lavoratori – tanto meno da parte di quella che fu la classe operaia – né dai sindacati i cui dirigenti (salvo l'onesto e pugnace Landini) sembrano veramente inadeguati ai tempi politici complessi e funesti che stiamo vivendo, simili ai predecessori che fecero ben poco per contrastare la demolizione dello Statuto dei lavoratori osannando la volpe che avevano contribuito a mettere nel pollaio. Imperdonabile aver ceduto per l'illusione di un piatto di lenticchie una delle poche effettive acquisizioni a favore dei lavoratori dopo la Liberazione del 25 aprile 1945.
Noto che queste conquiste, oltre al voto femminile (1946) e quindi alla parificazione politica delle donne agli uomini, sono state ideate e soprattutto sostenute da esponenti socialisti quali Lina Merlin (abolizione case chiuse), Loris Fortuna (divorzio), Giacomo Brodolini (con altri: Statuto dei Lavoratori), Antonio Giolitti (pianificazione economica). Meritano una menzione anche i notevoli progressi per la scuola media unica e l'università, per la Sanità e la riforma Basaglia, ecc. Queste iniziative e realizzazioni dei socialisti migliori riscattano nella Storia altri – tanti – esponenti deprecabili che nel Bettino Craxi trovarono il loro nuovo duce. E fu fine ingloriosa del socialismo italiano.
Così come l'antifascismo di sinistra fu subito identificato nel martirio di Giacomo Matteotti, così il sindacalismo – risorta araba fenice – nel 1944 si identificò nel martirio di Bruno Buozzi.
Di conseguenza a lui dedico questo post nella ricorrenza più consona, il 1° Maggio festa dei Lavoratori, i quali non sono soltanto – si tenga presente sempre – coloro con un rapporto di lavoro subalterno ma tutti gli individui che operano attivamente per sopravvivere economicamente in un mondo egoista, malato, in pericolo di estinzione. Quindi il 1° Maggio è la festa dei precari, degli “schiavi” stagionali e dei braccianti, di tutti coloro che si danno da fare onestamente per sopravvivere, compresi gli studenti, i pensionati, i cosiddetti barboni e gli immigrati, anche clandestini.
Buozzi fu tra gli arrestati in seguito alla rappresaglia per l'azione partigiana legittima di Via Rasella a Roma. Non fu tra i “prescelti” martiri assassinati alle Fosse Ardeatine, fu però trucidato altrove e il suo cadavere venne vilipeso ignobilmente.
Forse, o forse è meglio, la memoria di Bruno Buozzi non è stata onorata degnamente per meschine necessità politiche del Sindacato maggiore e, tutto sommato, migliore: la C.G.I.L. Soltanto la U.I.L. ne ha fatto un punto di riferimento fondativo (ma di comodo e alquanto teorico).
Comunque negli anni si è verificata una discreta pubblicistica storica, che ha studiato e divulgato l'opera e il pensiero di Bruno Buozzi. Ciò è riscontrabile agevolmente su internet, dove persino la voce “Buozzi” su Wikipedia – una volta tanto – è soddisfacente.
In questa sede, dunque, ricorderemo Bruno Buozzi (1881-1944) con alcuni documenti di storici, essendo consapevoli del fatto che essi possono rappresentare un orientamento opinabile in parte. Quale percorso biografico riporto, dalla colossale storia de Il parlamento italiano (23 volumi, Nuova C.E.I., 1990, opera voluta da Giovanni Spadolini) la “scheda” curata da Antonio Glauco Casanova (1919-2015), partigiano, saggista e giornalista, nonché biografo di Giacomo Matteotti.
Ripropongo quindi anche da “Terzo programma” (n.1, 1965, Edizioni Radio Italiana) un profilo emozionato nel quale si riscontra il “saldo e coraggioso realismo politico
Il 26 febbraio 1944 sull' “Avanti!” clandestino Buozzi pubblica l'articolo Il fronte unico del lavoro (firmato con lo pseudonimo di Quidam), che inizia con “Il sindacato unico, giuridicamente riconosciuto, risolve un problema fondamentale per la classe lavoratrice, vale a dire quello dell'unità proletaria”.
A Roma il 25 maggio 1984 la U.I.L. organizzò un Convegno su Bruno Buozzi, cui tra gli altri intervennero Luciano Lana, Giuliano Vassalli e Giovanni Spadolini, del quale riportiamo l'intervento (B.B. Indimenticabile leader del sindacalismo riformista) dove sottolinea l'affermazione “vigilare e lavorare per il sindacato indipendente da partiti e governi”, sostenuta da Buozzi, il quale in vita godette della stima anche di Giuseppe Di Vittorio (1882-1957), grande autentico proletario comunista.
Conclude questa esposizione un curioso caso editoriale, un'involontaria appropriazione di copyright da parte del sindacalista socialista, svelata nel 1983 riconoscendo Matteo Matteotti, figlio di Giacomo, l'autore del libro La classe lavoratrice in Italia.
Nel testo sono state intercalate alcune immagini della fine degli anni Sessanta e inizio anni Settanta riproducenti manifestazioni sindacali. Esse sono tratte da una coeva rivista borghese di destra, secondo la quale esse dovevano considerarsi denigratori comportamenti di estremismo sociale. C'è anche un disegno di Renato Guttuso (1956), nel quale le bandiere sono state ritoccate in rosso.
F.R. (25 aprile 2024)
Nessun commento:
Posta un commento