Carlo e Licia

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venerdì 31 maggio 2024

Andrea Mantegna

Premessa: divido gli scritti di C.L. Ragghianti su Andrea Mantegna (1431-1506) in due postazioni, la seconda dedicata esclusivamente alla Camera degli sposi di Mantova.

Nel 1937 nello studio intitolato Casa Vitaliani, C.L.R. compie un'ampia revisione di problemi collegati alla pittura nell'ambito del Quattrocento, collegata in buona parte all'opera di Andrea Mantegna. Per questo motivo la riproposta ottantasette anni dopo nel post presente viene 

collocata a conclusione quale appendice pertinente. Negli anni dopo la guerra mondiale l'attenzione dello studioso lucchese sul Mantegna è accademica, esprimendosi in corsi universitari e conseguenti studi di allievi sull'argomento, quali Gian Lorenzo Mellini e Arturo Carlo Quintavalle (In margine alla mostra del Mantegna, "Critica d'Arte", n.52 1962, pp. 1-20). Nel 1956, su "SeleArte" (n.23, sett.-ott., p.43) compare una breve segnalazione sullo stato, insoddisfacente, dei problemi. 

Quindi nel 1961 a Mantova fu realizzata un'importante e consistente, ma convenzionale, esposizione, la quale incontrò un successo "popolare", quasi di massa grazie al passa parola, assolutamente inaspettato e, per certi versi, imbarazzante. Ciò indusse Carlo L. Ragghianti (che visitò la mostra insieme alla moglie ed a Eugenio Luporini – esterrefatto, poi polemico negativamente – c'ero anche io, nel ruolo di autista) a scrivere per "L'Espresso" (10 dicembre 1961) l'articolo che riproduciamo, con le correzioni manoscritte a fianco dall'autore.

Successivamente l'argomento fu ripreso da C.L.R. su "Critica d'Arte" (n.52, 1962) con il titolo Codicillo mantegnesco.

In questo scritto le prime due pagine replicano l'articolo de "L'Espresso"; le riproduco qui però insieme al resto perché risultano omogenee e – non ho controllato (odio fare le collazioni) – non mi meraviglierei se contenessero piccole aggiunte e varianti. Le altre pagine del saggio sviluppano le osservazioni di C.L.R., anche le note manoscritte sono dell'autore. Dell'illustrazione 17 

(Testa femminile, Rotterdam, Museo Boymans) pubblico dopo i testi a stampa (insieme agli altri due disegni recto verso) il retro delle fotografie, da cui è stato eseguito il cliché, perché vi sono scritte e note di C.L.R.

In "SeleArte" furono pubblicate anche un paio di recensioni: la prima (n.6, 1963, p.52) riguarda una monografia di Giuseppe Fiocco, brevissima per sottolinearne l'inconsistenza; la seconda (n.75, 1965, pp.16-17) è dedicata alla monografia di Ettore Camesasca, di ampio respiro con "alcuni punti assai interessanti".

Infine su "Critica d'Arte" (IV s., n.15, 1987, p.21) C.L.R. recensisce il volume di Ronald Lightbown (Londra, 1986) di contenuto convenzionale, con mancanze per cui l'opera "non ha svolgimento adeguato".

I ritratti, presumibilmente ideali, posti in calce al testo redazionale sono collegati alle Vite del Vasari; il terzo ritratto è una xilografia tratta da l' "Emporio pittoresco" (3 marzo 1867). Il ritratto bronzeo si trova a Mantova nella chiesa di Sant'Andrea.

F.R. (9 aprile 2024)



domenica 26 maggio 2024

Firenze città d'arte e di cultura dopo l'alluvione.

Il 24 giugno 2023 nel blog è stato pubblicato il post "Ragghianti sul patrimonio artistico di Firenze", lungo e dettagliato intervento volto soprattutto al futuro delle attività culturali della città dopo l'alluvione del 4 novembre 1966.

Il presente post è strettamente collegato al suddetto, tanto che si può dire ne costituisca l'integrazione dal lato dei 

danni e delle rovine conseguenti a quell'inondazione di fango frammisto alla nafta dei serbatoi per il riscaldamento dei termosifoni cittadini.

Va ricordato, poi, sull'argomento che in occasione del disastro del 1966 fu pubblicato il fascicolo speciale di "Critica d'Arte" (n. 82-84, 1966), il quale però verrà postato a sé stante, nel 2026 in occasione del 60° anniversario, sempre che questo blog sia ancora in vita.

giovedì 23 maggio 2024

Jan Verbeeck (c.1520-1569), pittore.

Dopo il recente caso di Giovanni/Jean Le Clerc (vedi il post del 12 febbraio 2024) ritengo opportuno diffondere nel web anche Tra Bosch e Bruegel: Jan Verbeeck, studio dello specialista Giorgio T. Faggin (n.1939), il quale a fini di carriera frequentò per qualche tempo Carlo L. Ragghianti, che gli pubblicò sulla propria rivista "Critica d'Arte" (n.108, dic. 1969) questo

saggio, sul quale – ricordo – C.L.R. si intrattenne a lungo prima di cena.

La peculiarità dello scritto, al di là del contenuto ineccepibile sul piano professionale, mi pare consista nel fatto che si tratta dell'unico studio scientifico, in un web per altro nel quale mi risulta assente, riguardante questo maturo artista fiammingo, che sembra non godere neanche di poche righe su Wikipedia.

F.R. (30 aprile 2024)

lunedì 20 maggio 2024

La simulazione dell'essenziale – di Francesco De Bartolomeis (1918-2023).

Francesco De Bartolomeis (1918-2023) è stato un importante pedagogista, con attività politica (collaborò alle idee di Adriano Olivetti per quindici anni), e di critico d'arte. Laureato con Tristano Codignola, diffuse le teorie di John Dewey, filosofo statunitense, aprezzato e condiviso da Carlo L. Ragghianti.

Con quest'ultimo, De Bartolomeis ebbe un rapporto nell'ADESSPI (Ass. per la diffusione e il sostegno della 

Scuola Pubblica Italiana). Da questa collaborazione provengono le pagine di La simulazione dell'essenziale, come si constata dalle due lettere qui pubblicate.

In rete è presente l'esauriente e interessante intervista che lo scrittore Christian Raimo fece a De Bartolomeis, pubblicata in origine su "Internazionale" (1 febbraio 2000).

F.R. (30 aprile 2024)

giovedì 16 maggio 2024

Donna, L. Russo, J. Lussu – R. Cobden – Cachet Fiat – S. Ragghianti – M. Du Camp – S. Minocchi – Colore – Socialismo – Edifici – Collobi – PdS-PD – Economia.




  1. Donna, Machiavelli, Luigi Russo, Joyce Lussu;

  2. Richard Cobden (1804-1865);

  3. Cachet Fiat allusorio;

  4. Salvatore Ragghianti frate, garibaldino, metodista;

  5. Maxime Du Camp (1822-1894);

  6. Salvatore Minocchi modernista;

  7. Colore nella pittura;

  8. Socialismo 1947 e 1957;

  9. Carattere degli edifici;

  10. Licia Collobi fotografa;

  11. Con Jacovitti percorso da PdS a Partito Democratico;

  12. Economia: per non piangere.


1. Donna, Machiavelli, Luigi Russo, Joyce Lussu.

Da quanto da lui scritto qui sopra, non è sorprendente constatare che Machiavelli fosse misogeno. E' stata una sorpresa, invece, appurare su fonti coeve inoppugnabili che egli fu omosessuale con tendenze pedofile. Uno di quegli individui che fino a poco tempo fa si sposavano e figliavano in "serenità" di coscienza e indulgenza sociale ipocrita ma diffusa.

La polemica tra il "focoso" Luigi Russo – illustre italianista che ricordo ancora 75 anni dopo sempre sopra le righe, quasi quanto Bruno Zevi – e la partigiana dal forte carattere Joyce Lussu è narrata nella propria rivista ("Belfagor", a. III, n.1, 1948) dallo stesso Russo – conciliante ma non pentito 


direi – nella nota Come per cagione di donne si rovina uno Stato. E' opportuno riguardo al procedere dell'acquisizione dei pieni diritti anche alle femmine ricordare che solo due anni prima (1946) la Consulta Nazionale, deliberante in vece del Parlamento ancora non ristabilito, si espresse sulla questione se accordare il voto alle donne e di essere elette.

Subito dopo la guerra e la stentata vittoria sul Fascismo, non erano tempi di consapevole femminicidio, però di "patriarcato" sì. Lo scritto di Luigi Russo rivela una radicata, diffusa opinione circa il ruolo delle donne, nonostante le prove lampanti (anche nella propria famiglia: Sara Russo, ad es. era scrittrice ed intellettuale) della paritaria capacità in ogni attività delle persone di genere femminile (Joyce Russo e Licia Collobi, ad es., erano divenute capitano e maggiore dell'Esercito Italiano).

Ciò nonostante il 10 marzo 1946 alla Consulta, dovendo decidere se dare per la prima volta in Italia il voto alle donne per il referendum, le elezioni Amministrative e la Costituente, Benedetto Croce votò contro, e così non pochi altri illustri personaggi, anche a sinistra, tra cui – temo per eccesso di tatticismo politico (il voto alle donne avvantaggiava certamente DC, monarchici, P.C.I. grazie al loro apparato) anche il consultore Carlo L. Ragghianti. E fece male.

sabato 11 maggio 2024

Filippo De Pisis 1936-1956

Come anticipato nel post del 18 giugno 2021, nel quale il critico Masciotta presentò De Pisis nella Mostra “Arte Moderna in Italia 1915-1935”, la particolare vicenda del pittore poteva essere ivi illustrata soltanto con opere dipinte entro il 1935. Ciò in controtendenza con la gran parte degli altri artisti dei quali nella sezione illustrativa del loro percorso erano riprodotte opere precedenti e/o posteriori a quelle datate nei limiti dell'Esposizione di Palazzo Strozzi del 1967.

Quindi nel presente post, dedicato agli scritti “monografici” su De Pisis di Carlo L. Ragghianti e Licia Collobi, le illustrazioni si riferiscono a dipinti eseguiti dal 1936 fino alla morte del pittore. Sono qui esclusi i disegni e le litografie di De Pisis perché essi saranno i protagonisti di un apposito post. Riportiamo inoltre, la corrispondenza superstite tra lo storico 


dell'arte e De Pisis, tenendo presente che vi furono incontri personali tra cui l'ultimo quando C.L.R. nel 1950 andò a trovare il pittore nella residenza protetta di Villa Fiorita, da dove mio padre ritornò a Firenze col dono di un dipinto. Racconto ciò per sottolineare il grado di reciproca stima e apprezzamento dell'attività, nonché di amicizia ormai di lunga data.

Come indicato nel post del 2021, gli scritti “monografici” qui riportati dei coniugi Ragghianti sono quantitativamente pochi. C'è da considerare però gli interventi e gli accenni depisisiani presenti in saggi e articoli di carattere collettivo e generale o specifico pubblicati da C.L.R. in riviste e libri (e corrispondenze), per i quali un approccio approssimativo si può riscontrare nell'affrettata Bibliografia degli scritti (Firenze, U.I.A., 1990).




In dettaglio, qui, ricordo nel 1936 su “Leonardo” (n.3, p.71) in Indicazioni sulla pittura contemporanea, C.L.R. scrive: “il De Pisis, che merita un posto a parte per la sua raffinatezza da neo-giapponese, per la sua leggerezza di acque cromatiche; e molti altri più o meno promettenti o affermati”.

Nel 1938 su “La Critica d'Arte” (n.4-6, f. XVI-XVIII, pp.33-37) C.L.R. scrive: “Accompagnava questa mostra di dipinti una Antologia del Disegno contemporaneo in Italia, dove erano specialmente da notare disegni di Carrà, De Pisis (fig. 10), Manzù, Morandi, Tamburi”. Questa frase concludeva la recensione della Mostra a New York della Galleria La Cometa. Nello stesso fascicolo a p. XXXIII del notiziario si dice: “...De Pisis i suoi fiori di Cadore dipinti a grandine, brulicanti, di una schiettezza lirica sempre più animata e trasparente e di gusto capillare ...”. Sempre da “La Critica d'Arte” (a.V, n.3-4, f. XXV-XXVI, Notizie e letture, pp. XVII-XVIII) del 1940, Ragghianti recensisce il saggio di Giuseppe Raimondi pubblicato nel fascicolo del dic. 1939 di “Le Arti”:

Del 1946 è l'inserimento di De Pisis tra i 37 artisti (Morandi compreso) inclusi da C.A.D.M.A. di Firenze (di cui C.L.R. è “chairman”) nel Catalogo per la Mostra presso la House of Italian Handicraft di New York. L'esposizione-vendita,

patrocinata da Max Ascoli, fuoriuscito antifascista divenuto cittadino americano, ebbe un esito lusinghiero. Su questa società di promozione e protezione dell'artigianato italiano è previsto un prossimo post.

lunedì 6 maggio 2024

Pirro Ligorio archeologo

Questo saggio pubblicato in “seleArte” (n.63, mag.-giu. 1963) rappresenta un indubbio esempio di collaborazione tra i coniugi Ragghianti nella scrittura dei testi della rivista. Va ricordato che “seleArte” fu redatta esclusivamente da loro. Le rare collaborazioni di alcuni studiosi sono sempre state pubblicate con la firma dell'autore dell'articolo. Altri scritti non firmati che compaiono nel bimestrale sono estratti, documenti e citazioni riconoscibili come tali.

Tra Licia Collobi e Carlo L. Ragghianti, data l'affinità metodologica, non c'era distinzione fissa dei ruoli, perciò l'autore dei singoli contributi si può riconoscere dall'analisi stilistica o con specifiche documentazioni. Le collaborazioni avvenivano quando allo scritto alla recensione dell'uno, l'altro avesse da aggiungere proprie osservazioni critiche originali. Ciò è avvenuto quasi esclusivamente da parte di C.L. Ragghianti, direttore della rivista. Non di rado l'intervento aggiuntivo alla stesura principale è costituito da poche righe.

Nel caso specifico di questa recensione critica gli interventi di C.L.R. furono espressi anche con suggerimenti orali a Licia, la quale in molti casi ha indicato questa collaborazione, consentendo di indicare la distinzione nelle loro Bibliografie degli scritti.

Gli studi e le ricerche sulle varie attività di Pirro Ligorio nei decenni successivi hanno ovviamente prodotto interventi filologici e critici, però non tali da inficiare l'impronta metodologica del presente articolo.



Sottolineo il fatto che nel 1987 è stato costituito il Comitato nazionale per lo studio e la valorizzazione delle opere di Pirro Ligorio col fine “di approfondire la conoscenza e la valorizzare la vasta attività artistica, architettonica, storica e archeologica” dell'artista. Nel 1989 ne è conseguita la Commissione Nazionale delle opere di Pirro Ligorio: “la commissione lavora alla pubblicazione dei manoscritti e delle opere del Ligorio, dai primi codici delle antichità conservati a Parigi, Torino e Oxford all'Enciclopedia del mondo antico articolata in 29 volumi”.

F.R. (3 aprile 2024)

mercoledì 1 maggio 2024

1° Maggio, rievocando Bruno Buozzi.

Questo 1° Maggio 2024 non mi sembra onorato in modo conveniente dai lavoratori – tanto meno da parte di quella che fu la classe operaia – né dai sindacati i cui dirigenti (salvo l'onesto e pugnace Landini) sembrano veramente inadeguati ai tempi politici complessi e funesti che stiamo vivendo, simili ai predecessori che fecero ben poco per contrastare la demolizione dello Statuto dei lavoratori osannando la volpe che avevano contribuito a mettere nel pollaio. Imperdonabile aver ceduto per l'illusione di un piatto di lenticchie una delle poche effettive acquisizioni a favore dei lavoratori dopo la Liberazione del 25 aprile 1945.

Noto che queste conquiste, oltre al voto femminile (1946) e quindi alla parificazione politica delle donne agli uomini, sono state ideate e soprattutto sostenute da esponenti socialisti quali Lina Merlin (abolizione case chiuse), Loris Fortuna (divorzio), Giacomo Brodolini (con altri: Statuto dei Lavoratori), Antonio Giolitti (pianificazione economica). Meritano una menzione anche i notevoli progressi per la scuola media unica e l'università, per la Sanità e la riforma Basaglia, ecc. Queste iniziative e realizzazioni dei socialisti migliori riscattano nella Storia altri – tanti – esponenti deprecabili che nel Bettino Craxi trovarono il loro nuovo duce. E fu fine ingloriosa del socialismo italiano.

Così come l'antifascismo di sinistra fu subito identificato nel martirio di Giacomo Matteotti, così il sindacalismo – risorta araba fenice – nel 1944 si identificò nel martirio di Bruno Buozzi.

Di conseguenza a lui dedico questo post nella ricorrenza più consona, il 1° Maggio festa dei Lavoratori, i quali non sono soltanto – si tenga presente sempre – coloro con un rapporto di lavoro subalterno ma tutti gli individui che operano attivamente per sopravvivere economicamente in un mondo egoista, malato, in pericolo di estinzione. Quindi il 1° Maggio è la festa dei precari, degli “schiavi” stagionali e dei braccianti, di tutti coloro che si danno da fare onestamente per sopravvivere, compresi gli studenti, i pensionati, i cosiddetti barboni e gli immigrati, anche clandestini.

Buozzi fu tra gli arrestati in seguito alla rappresaglia per l'azione partigiana legittima di Via Rasella a Roma. Non fu tra i “prescelti” martiri assassinati alle Fosse Ardeatine, fu però trucidato altrove e il suo cadavere venne vilipeso ignobilmente.

Forse, o forse è meglio, la memoria di Bruno Buozzi non è stata onorata degnamente per meschine necessità politiche del Sindacato maggiore e, tutto sommato, migliore: la C.G.I.L. Soltanto la U.I.L. ne ha fatto un punto di riferimento fondativo (ma di comodo e alquanto teorico).

Comunque negli anni si è verificata una discreta pubblicistica storica, che ha studiato e divulgato l'opera e il pensiero di Bruno Buozzi. Ciò è riscontrabile agevolmente su internet, dove persino la voce “Buozzi” su Wikipedia – una volta tanto – è soddisfacente.

In questa sede, dunque, ricorderemo Bruno Buozzi (1881-1944) con alcuni documenti di storici, essendo consapevoli del fatto che essi possono rappresentare un orientamento opinabile in parte. Quale percorso biografico riporto, dalla colossale storia de Il parlamento italiano (23 volumi, Nuova C.E.I., 1990, opera voluta da Giovanni Spadolini) la “scheda” curata da Antonio Glauco Casanova (1919-2015), partigiano, saggista e giornalista, nonché biografo di Giacomo Matteotti.

Ripropongo quindi anche da “Terzo programma” (n.1, 1965, Edizioni Radio Italiana) un profilo emozionato nel quale si riscontra il “saldo e coraggioso realismo politico


che hanno fatto di Buozzi una delle figure di centro del movimento socialista italiano negli anni oscuri della dittatura fascista”. Ne fu autore un giovane storico ed economista, Gianfranco Torcellon (1938-1966), molto promettente e precocemente scomparso. Si riportano poi due articoli di Buozzi scritti in esilio in Francia, pubblicati ne “L'operaio italiano/L'ouvrier italien”. Nel primo il riformista Buozzi ricorda con franca ammirazione
L'anniversario dell'occupazione delle fabbriche (12 ottobre 1929); nel secondo articolo Buozzi si schiera Per la difesa dei diritti dell'emigrazione (26 novembre 1931), con argomenti che dovrebbero essere sostenuti anche oggi in Italia e in Europa circa la necessità di regolamentare equamente gli immigrati africani e asiatici.

Il 26 febbraio 1944 sull' “Avanti!” clandestino Buozzi pubblica l'articolo Il fronte unico del lavoro (firmato con lo pseudonimo di Quidam), che inizia con “Il sindacato unico, giuridicamente riconosciuto, risolve un problema fondamentale per la classe lavoratrice, vale a dire quello dell'unità proletaria”.

A Roma il 25 maggio 1984 la U.I.L. organizzò un Convegno su Bruno Buozzi, cui tra gli altri intervennero Luciano Lana, Giuliano Vassalli e Giovanni Spadolini, del quale riportiamo l'intervento (B.B. Indimenticabile leader del sindacalismo riformista) dove sottolinea l'affermazione “vigilare e lavorare per il sindacato indipendente da partiti e governi”, sostenuta da Buozzi, il quale in vita godette della stima anche di Giuseppe Di Vittorio (1882-1957), grande autentico proletario comunista.

Conclude questa esposizione un curioso caso editoriale, un'involontaria appropriazione di copyright da parte del sindacalista socialista, svelata nel 1983 riconoscendo Matteo Matteotti, figlio di Giacomo, l'autore del libro La classe lavoratrice in Italia.

Nel testo sono state intercalate alcune immagini della fine degli anni Sessanta e inizio anni Settanta riproducenti manifestazioni sindacali. Esse sono tratte da una coeva rivista borghese di destra, secondo la quale esse dovevano considerarsi denigratori comportamenti di estremismo sociale. C'è anche un disegno di Renato Guttuso (1956), nel quale le bandiere sono state ritoccate in rosso.

F.R. (25 aprile 2024)