Il
caro maestro ed amico Gaetano Salvemini (1873-1957) fu compianto da
C.L. Ragghianti su “Criterio” (n.8-9, 1957) ricordandone l'opera
e l'impegno civile e morale, deprecando l'ottusità clericale che
fece sì che il Paese immediatamente fosse obbligato moralmente a
organizzare ed a consegnare alle generazioni attuali e future l'opera
di questo grande italiano e Maestro eroico di Libertà.
Sempre
nel primo fascicolo di “Criterio” (gen. 1957), rivista di cultura
ideata e realizzata da C.L.R., Beniamino Finocchiaro (1923-2003),
intellettuale socialista, sindaco di Molfetta dove S. era nato,
pubblicò il saggio “L'Unità” di Salvemini (stesso titolo
del libro da lui curato per la Biblioteca di Cultura edita da
Neri Pozza) nel quale si traccia l'attività pubblicistica di
Salvemini dagli esordi della rivista (“L'Unità”, 1911-1920) di
cui “oggi colpiscono l'attualità dei temi – oltre alla
compiutezza degli interessi – e … la logica della loro
impostazione e la validità di alcuni giudizi storici, controfirmati
dagli avvenimenti posteriori”. Duole constatare che Finocchiaro in
seguito si dedicò alle prebende di Stato – fu anche presidente
della RAI – uniformandosi alla massa di giovani promettenti
socialisti convertiti all'arrembaggio della casa pubblica.
Franco
Rizzo, meridionalista, consigliere del Senato dal 1954 al 1977, è
stato professore di Sociologia economica e politica e saggista
prolifico i cui libri risultano tuttora in commercio. In questo
saggio giovanile Salvemini e il Mezzogiorno nota che “il
meridionalismo è presente in ogni pagina, in ogni giudizio, in ogni
pensiero di Salvemini, a proposito di qualsiasi argomento riguardasse
la vita pubblica e lo Stato Italiano”. Quindi: “Queste nostre
note su Salvemini meridionalista, pur non pretendendo in definitiva
completezza vogliono...essere note parziali su tutto
Salvemini”.
Dopo
“Criterio”, a proposito di Salvemini ritengo necessario ricordare
la traslazione della salma da Sorrenzo a Firenze con un documento
(l'invito che “La Città di Firenze” rivolge alla cittadinanza
per la Commemorazione dello storico il 15 ottobre 1961 nel Salone dei
Cinquecento in Palazzo Vecchio, tenuta da Leo Valiani) e le due
lettere di notevole interesse che mio padre inviò rispettivamente a
Valiani e ad Enriques Agnoletti. Nella prima C.L.R. ricorda un
aspetto di metodo di Salvemini e quindi le tristi vicende della
Cittadinanza Onoraria negata da La Pira fin dal 1951; rivendica
infine l'antifascismo anteticamente discendente da Carlo Rosselli: il
Socialismo liberale.
Anche
nella seconda missiva dell'11.10 mio padre ricorda ampiamente la
vicenda della Cittadinanza Onoraria di Firenze al Maestro,
proseguendo poi con un'esortazione ad Agnoletti (vice Sindaco di
Firenze) a contenere la presenza del Sindaco La Pira “risparmiandoci
uno dei suoi discorsetti – mimi. C'è il rischio che assicuri, a
Salvemini, almeno il purgatorio!”.
Quanto
al libro di Filomena Fontarella (Donzelli, 2018), che mi pare sia
passato piuttosto inosservato – forse perché l'argomento portante
del volume contrasta con la retorica vigente circa Salvemini –
merita di essere segnalato tramite questo blog, anche con le parole
di Goffredo Fofi (1937), oltre che con la prefazione dello storico
Massimo L. Salvadori (1936) autore di libri importanti – talora
basilari – anch'essi forse trascurati da chi a “sinistra”
dovrebbe sapere, pensare, tramitare. Di questo storico cito soltanto
il volume del 1963 (Einaudi) Gaetano Salvemini.
Dal
recente libro di Andrea Becherucci Le delusioni della speranza.
Carlo L. Ragghianti militante di un'Italia nuova (Biblion
edizioni, Milano 2021) ricordo qui soltanto quanto contenuto in due
capitoli che riguardano specificatamente i rapporti tra il Maestro
pugliese e il giovane seguace toscano. E' ovvio che intendo scrivere
un apposito post su questo libro molto accurato nella acribia delle
fonti archivistiche che sono sopravvissute ad un'accurata rasatura
pelo e contropelo di manine interessate o di appositi “sicari”.
Al di là delle polemiche – comunque – sono sempre rimasto
sorpreso che nessuno storico di queste vicende – non “partigiano”
- della clandestinità e della liberazione di Firenze nonché della
Presidenza del C.T.L.N. non abbia considerato e valutato un aspetto
eccezionale e dirimente a favore di C.L.R.: egli era praticamente
(direi di fatto) l'unico esponente di primo piano del Partito
d'Azione a non aver mai avuto la tessera del Partito fascista.
Solo nel P.C.I. c'erano esponenti di quella generazione con questo
requisito, direi non secondario.
Tornando
ai capitoli su Salvemini nel volume di Andrea Becherucci, il primo è
intitolato Lettere di C.L.R. a Salvemini con un'Appendice di
lettere inedite (pp.55-84). Il secondo capitolo del libro si
intitola Per una storia dei rapporti tra Carlo L. Ragghianti e
Gaetano Salvemini (pp.145-163).
Scrivo
questo periodo perché anche noi figli Ragghianti di circa 13,10,7
anni avemmo un rapporto personale con Salvemini, che forse i fratelli
minori nemmeno ricordano. Infatti, quando abitavamo in Viale Petrarca
14, il Maestro ci dedicò un paio d'ore di attenzione a pranzo e dopo
in giardino, dimostrandoci in particolare che se andavamo bene a
scuola era merito degli insegnanti, altrimenti loro demerito. Portato
da Alfredo Righi verso le 10 e mezzo del mattino, Salvemini trascorse
con la nostra famiglia l'intera giornata, fino all'imbrunire quando
Alfredo lo riportò in taxi a casa sua in Via Sangallo. Ricordo che
noi ragazzi fummo dispiaciuti che colui che avevamo eletto a nonno ci
lasciasse.
Sempre
per non suscitare polemiche ma con pertinenza familiare con
Salvemini, racconto in questa sede l'incredibile, increscioso fatto
accadutomi, sempre in occasione della traslazione della salma di
Salvemini, senza rivelare il nome dell'antagonista. Difatti quando –
facendo parte del picchetto d'onore, che trasportava la bara
dall'Aula Magna all'ingresso del Rettorato, in quanto figlio di e
rappresentate studentesco – fui spintonato e sbattuto contro il
muro e sostituito nel trasporto da nota personalità.
Chissà
che non esista qualche fotografia sull'episodio che lo dimostri
inconfutabilmente presso gli Archivi delle agenzie fotografiche e dei
giornali allora operanti a Firenze. I lampi del flash c'erano, lo
ricordo perché mi infastidirono gli occhi. Può anche darsi però –
dati i precedenti – che i mandanti di sottrattori d'archivio non
abbiano anche pensato a questa circostanza e operato di conseguenza.
Concludo
riportando una paginetta di minacciosa prosa fascista del 1927
intitolata I successi di Salvemini, esule negli U.S.A., che è
bene ricordarlo allora erano abitati da milioni di italo-americani
fascisti e di tedeschi filonazisti, i discendenti dei quali –
sembrerebbe – oggi risultano tali e quali, come qui in Europa.
F.R.
(13 giugno 2023)
