1.
Diciotto disegni inediti recuperati.
La
seconda parte di questo post riguarda il recupero casuale di 18
disegni gibbeschi di Tono Zancanaro, presumibilmente dispersi in quel
di Firenze tra il 1945 e il 1965. Sedici anni fa, intitolato Addenda
al Catalogo dei disegni del “Gibbo” di Zancanaro, avevo
scritto per “LUK” (organo della Fondazione Centro Studi Licia e
Carlo L. Ragghianti di Lucca) l'intervento che informava del
ritrovamento di questi disegni, per pubblicarlo in occasione del
ventesimo dalla morte (1985) di Tono. Naturalmente lo scritto fu
rifiutato. Tra noi e la direzione del Centro Studi c'era infatti
tensione e irritazione piuttosto profonda per l'incredibile,
incresciosa pubblicazione del libro La sedia italiana nei secoli
redatto da Licia Collobi per la Triennale di Milano (1951). In
proposito si veda il post del 16 gennaio 2018 dove stigmatizzo la
sconsiderata pseudointroduzione di Francois Burkhardt che
all'argomento dedica quattro righe e non menziona nemmeno il
nome dell'autrice di quella ricerca originale, tant'è che allora la
si riproponeva ed oggi è tuttora assolutamente valida.
Riassunto
e depurato dalla parte polemica nei confronti della Fondazione di
Lucca, ripropongo quel testo soprattutto per poter mostrare queste
benedette 18 chine di Tono, inedite, che potrebbero far pensare ad
una antologia della sua epopea gibbesca. Però questa incognita
scelta – che potrebbe essere anche casuale – potrebbe sembrare
anche una sorta di listino figurale di una proposta “commerciale”.
Certamente questa scelta che alla fin fine reputo operata a suo tempo
espressamente da Tono, rispecchia un discorso omogeneo, coerente, che
potrebbe aver costituito l'esempio di una proposta espositiva o,
nell'ambito di mostra di più artisti, il contributo di Tono. Ipotesi
questa non trascurabile data la miriade di promozioni espositive
nelle Case del Popolo, soprattutto tosco-emiliane, che allora
avvenivano per iniziativa e coordinamento del Partito Comunista.
Comunque una cosa è certa: permane il mistero del perché Tono non
abbia riavuto o richiesto indietro questa importante collezione. E,
in via subordinata, perché e a chi l'avesse volontariamente
lasciata, venduta o donata.
In
definitiva, meno mi meraviglierebbe il fatto che essendo Tono al
corrente della loro collocazione, per qualche suo imperscrutabile ed
umorale motivo, egli non volesse indicarlo e tacesse al compilatore
del Catalogo ogni informazione al riguardo. Ciò, per altro era
avvenuto anche per la Divina Commedia, come a suo tempo
riscontrai e ricordo nel post del 25 gennaio 2021. Questo
comportamento bizzarro ho avuto modo diverse volte di riscontrarlo
con artisti assai diversi caratterialmente tra loro. Ne ho parlato
anche con studiosi come Santini e Mazzariol che mi hanno confermato
che questo atteggiamento non è per niente raro negli artisti, i
quali su questo argomento sono ombrosi come i cavalli da corsa.
Antefatto (1995).
Una
decina di anni fa, quando stavano per maramaldeggiarmi sul lavoro
sostentativo, telefonò un antico sodale di bisbocce goliardiche,
oggi paludato imprenditore ai margini dell'editoria, per avvertirmi
di una sua “trouvaille” presso un rigattiere di libri e carte,
con cui aveva relazioni d'affari. Bontà sua, il vecchio amico
ricordava il mio lavoro di catalogazione dei disegni di Tono
Zancanaro, quello sulla “Divina Commedia” almeno, della quale ha
un esemplare che mi fece firmare dopo una ormai quasi dimenticata
cena a casa sua.
Per
farla breve, mi disse che presso quel rivenditore aveva prenotato a
nome mio una cartelletta di disegni, perché gli parevano di
Zancanaro, essendo in buona parte firmati “Tono”; aggiunse di
andare a vedere se mi interessava acquistarli, essendo offerti a
prezzo vantaggioso (in realtà irrisorio, e lo dico solo perché è
forse l'unico affare che sono riuscito a concludere in vita mia).
Erano
di Tono i disegni, e appartenevano alla serie del “Gibbo”. Ora
essi sono qui elencati e riprodotti, quale contributo alla
completezza della pur corposa catalogazione che feci per il volume
Gibbo nel 1970-71. La cartella che conteneva i 18 disegni è
anonima e certamente posteriore di qualche decennio, quindi
irrilevante a spiegare come un così cospicuo gruppo di fogli sia
finito in mano di un unico possessore.
Il
rigattiere disse di non ricordare dove aveva trovato “questi
sgorbi” (parole sue), anzi era un po' seccato dalla mia insistenza,
tanto da sospettare in me una specie di agente fiscale. Dopo mie
rassicurazioni al riguardo, e la balla che le “vignette” (termine
da lui usato come ripiego a fronte del mio dispetto per la precedente
definizione) erano state disegnate da un lontano parente di cui avevo
perso le tracce, costui ammise di aver trovato la cartellina e il suo
contenuto in una partita costituita in prevalenza da giornali e
riviste, con quale libro dozzinale e vecchie lettere; il tutto
acquistato qualche anno prima da un collega specializzato in mobilio.
Quindi, presumo, tutto ciò proveniva da una dismissione da parte di eredi
indifferenti e ansiosi di disporre di una abitazione vuota e libera
per la vendita. Però non sapeva di chi si trattasse né dove ciò
fosse avvenuto con precisione, sicuramente in Firenze però, stante
l'attività del collega, nel frattempo defunto (sarà vero?) con la
concomitante chiusura dell'azienda. Non ci fu verso di saperne di più, salvo che i fogli si erano salvati perché avevano divertito un suo giovane nipote, e che perciò furono riposti in uno scaffale per eventuali, successive consultazioni (ignoro se avvenute o meno).
Comunque è grazie alla sensibilità e
alla fantasia di un ragazzo, all'incirca decenne, che questi bei
disegni sono ancora in vita.
Ancora
ipotesi.
Ignorando
la provenienza e la reale consistenza originale dei fogli (date le
vicissitudini specifiche e quelle derivanti dallo scorrere del tempo
non si può escludere che ve ne fossero altri), si possono fare
soltanto delle supposizioni circa la presenza in Firenze di un così
nutrito, omogeneo e articolato temporalmente, gruppo di disegni dei
primi anni Quaranta. Benché Tono Zancanaro sia stato una delle
persone più generose e dispensatrici del proprio operare, non vedo
come possa aver donato disegni, presumibilmente in una volta sola,
stante anche l'omogeneità del tema e – ancor più – quella
stilistica all'interno del ciclo del “Gibbo”.
Si
può ipotizzare, benché con molta arbitrarietà, che il futuro
conosciuto e riconosciuto Maestro, allora ignorato ed ancora
considerato dilettante Tono Zancanaro, abbia avuto un precoce ed
intuitivamente profetico collezionista. Ma, in questo caso, non si
spiega la trascuratezza successiva della conservazione della serie di
disegni. Nemmeno si può supporre come fondata una alienazione –
spregiativa – da parte di uno dei membri della famiglia della
sorella di Tono, sposata in Firenze. Se così fosse stato, è fatto
avvenuto alla fine degli anni Quaranta, e probabilmente per via di
disgraziate circostanze. E', infatti, presumibile che Tono non fosse
né sottovalutato in famiglia, né che lui fosse disinteressato alla
sorte di un nucleo tutto sommato importante del suo lavoro. Per di
più, in occasione della successiva catalogazione non avrebbe
scordato di segnalare una simile silloge. Ciò è sostenibile in
analogia di quanto avvenne in almeno un altro paio di casi – e men
ricchi di opere – di cui non si indicò la collezione di
provenienza per espresso desiderio del Maestro.
…
Ipotizzare
ulteriormente sarebbe inutile e sempre più abusivo; l'unico aspetto
importante di questo ritrovamento fortuito è che queste opere
esistono e possono essere documentate, a debita integrazione dei 2002
fogli già registrati nel 1971. E' poi motivo di personale conforto
il fatto di poter contribuire ancora una volta alla notorietà di un
corpus di disegni tra i più significanti ed organici del
secolo, e non soltanto in Italia.
Altre
considerazioni.
Questa
immensa serie è sicuramente ancora lacunosa, come del resto lo sono
praticamente tutte le situazioni di cicli espressivi dipanatasi
nell'arco di alcuni anni. Certamente, però, le occasioni di
integrazioni forniscono il destro di parlare ancora una volta di un
artista, di un suo “ciclo” ormai storico; e contemporaneamente
possono stimolare ricerche e investigazioni complementari, qualche
rara volta esitandosi anche in studi originali, di arricchimento per
la comprensione di un determinato artista.
…
Mi
sia concesso notare con disappunto, rammarico e indignazione che
l'opera titanica di Tono Zancanaro (sì titanica: per la quantità di
lavoro, ma soprattutto di tempo e dedizione assoluta, più che
religiosa del Maestro ad essa dedicata) sia pressoché scomparsa
dalla circolazione, nonostante i lodevoli sforzi di Manlio Gaddi e
dell'Archivio Storico Tono Zancanaro da lui organizzato.
Al
di là degli ignorati e ignorabili ritmi del mercato, è davvero
inconcepibile che uno degli artisti più originali, nonché
figurativamente colti, di questo secolo venga trascurato non solo
dagli organizzatori culturali, privati e pubblici, ma anche che
questi ultimi non acquisiscono per i Musei opere dell'Artista.
Forse
con Tono è avvenuto e avviene, mutatis, ciò che avviene per Carlo
L. Ragghianti. Voglio dire, cioè, che l'esistenza di un “esclusivo”
depositario dell'immagine del Grande scomparso, alla fin fine
danneggi proprio colui che ne dovrebbe essere avvantaggiato. Così
vediamo (1997-98) che la Fondazione di Lucca...
…
Certamente
a Padova nella dimora che fu di Tono in Via Baracca n.2, non
avvengono simili tristizie, analoghe offese alla cultura. Anzi dalle
ricorrenti circolari informative del Gaddi vedo che fervet opus.
Nel caso di Zancanaro, dunque, si assiste a una non inconsueta
mancanza di risonanza a fronte delle iniziative, al di là della
valenza di ciascuna di esse. Forse non si può escludere, però, che
il “monopolio” del lascito vuoi di 'immagine', vuoi delle opere
in possesso dell'artista alla sua morte, anziché incoraggiare,
ostacoli la conoscenza e la diffusione del lavoro dell'Artista
medesimo. Nel mercato artistico, come del resto in tutti i mercati,
nessuno tira la volata per il tornaconto economico di altri: quindi,
paradossalmente, Tono (ma forse anche Conti, Cagli, Manzù e
quant'altri hanno disposto un'esclusiva gestione del loro operato)
rimane vittima di un sogno, di una propria 'piccola' vanità, di una
impropria scomessa sul futuro.
F.R.
(2005; 17 aprile 2021)
