Per i precedenti post in questa serie vedi:
Finalmente Tono Zancanaro. 1. La "Divina Commedia". 25 gennaio 2021
Soprattutto
per mio padre, mia madre e per me – in misura minore per gli altri
Ragghianti – il 1964 si caratterizzò come l'anno di Tono
Zancanaro per ciò che riguarda gli artisti contemporanei. Non credo
che C.L.R. lo conoscesse in precedenza di persona; ne conosceva certo
una parte dell'attività fin dall'immediato dopoguerra (C. Levi), poi
tramite Antonietta Raphael Mafai “retour de Chine” (dove nel 1956
viaggiò con Tono e altri in una lunga, “epica” permanenza) in
occasione della mostra a “La Strozzina”; poi sicuramente altre
fonti imprecisabili. Mia madre forse ne aveva sentito parlare e
visto qualche immagine in redazione di “seleArte”; per quel che
mi riguarda l'arte di Tono fu un incontro del tutto sorprendente,
mentre la conoscenza dell'uomo rappresentò la stupefacente conferma
che l'abito non fa il monaco, che la capacità di esprimersi in modo
originale può manifestarsi e albergare in chiunque, dovunque. Su
questa base “naturale” poi – ma non spesso – si
sviluppa con studio, applicazione e dedizione l'artista.
Non
sono a conoscenza di quali vicende organizzative l' Istituto di
Storia dell'Arte dell'Università di Pisa – diretto da C.L.R. –
stabilì di tenere questa esposizione. Né so perché il saggio di
presentazione fosse affidato allo scrittore Carlo Montella –
preside di scuola media come mestiere di sussistenza – di cui,
constatando oggi l'oblio che lo circonda, in Appendice
farò un ricordo breve, essenziale. Certamente Carlo L. Ragghianti
partecipò in prima persona all'iniziativa di mostrare a Pisa l'opera
del Maestro, come dimostra il saggio che scrisse subito dopo
l'inaugurazione e fu pubblicato ne “la Stampa” di Torino il 24
aprile, a esposizione ancora in corso.
Purtroppo
non ricordo per quale circostanza abbastanza importante non potei
accompagnare il babbo all'inaugurazione, cosa che era accaduta spesso
perché mi dava anche l'occasione di partecipare a cene dell'Istituto
dove potevo conoscere o conoscere meglio assistenti e allievi che
venivano più raramente a Firenze. Ricordo con particolare simpatia
l'amico Piero Pierotti (nei confronti del quale resto in debito
perenne per via del singolare libro La Torre Pendente di
Pisa), coinvolto in lunghe
chiacchierate politiche, peraltro coincidenti nei principi. Immagino
ancora oggi lo sconcerto rappresentato da Tono irrompente in
quell'ambiente prevalentemente accademico e quindi un po' serioso e
sofisticato, ma un “zinzino” provinciale. Già Tono, grande
artista poliedrico, generoso, talvolta gioviale e buffonesco
giullare, però sempre dedito coerentemente alla sua missione
creatrice.
Qualche settimana dopo
quell'evento il Maestro – come talvolta si definiva ridendo e
scherzando sì, ma! – invase la famiglia Ragghianti, con la quale
da allora si incontrò da 4/5 a 2/3 volte l'anno (molto spesso l' 8
aprile, senza però mai aver dichiarato che quel giorno coincideva
col suo compleanno!), per tutti gli anni seguenti, fino alla sua
morte il 3 giugno 1985, quando perdemmo l'amico fraterno, il Maestro
d'arte ma non di vita.
Tono infatti non pretendeva di
insegnare, proporre od imporre niente a nessuno, ascoltare,
partecipare sempre.
Nell'ineffabile Wikipedia, che
accoglie le interpretazioni e le integrazioni più disparate e
discutibili e talora respinge quelle motivate da documentazioni e
testimonianze di congiunti e di specialisti Tono Zancanaro compare in
primis come atleta (hockey su pista 1925-30), poi come artista. Una
paradossale successione (al di là della pura cronologia) che lo
avrebbe certamente divertito. Bene ha fatto perciò chi ha suggerito
questa impostazione surreale. Per il rimanente – la peraltro
succinta voce – è piena di approssimazioni e di clamorose lacune
critiche e di ridicole
presenze. Assente un profilo artistico di cronaca e di interpretazione. Manca persino la constatazione che Tono è stato uno degli artisti più prolifici e capillarmente diffusi nel territorio nazionale anche sotto forma di micro-collezionismo.
Il saggio di Montella si
conclude osservando che “Non può esservi dubbio su ciò [“una
gioia non metafisica, ma lievitata di storia”] quando quella gioia
viene esaltata da un uomo come Zancanaro, di cui non sapevamo
immaginare un solo segno non ispirato da un'idea, non ammortizzato in
una visione totale della realtà”.
Col titolo Come uomo e come
artista segue un testo di Tono Zancanaro (Autototono egli
definiva questi suoi non rari interventi, talora illuminanti, sempre
interessanti). In sostanza l'autore chiede: “Si può tirare una
conclusione che per altro non sarebbe se non il succo, la
quintessenza, quello cioè che conta dal mio essere operaio
della pittura, o artista?”. Tono conclude lo scritto rispondendosi:
“Il mio lavoro desidera essere confortante non solo perché opera
d'arte, di poesia, ma antica certezza che l'angolo ferino
dell'uomo va via via sparendo; e dall'uomo e dalla poesia”.
Il Catalogo della mostra di Pisa
– con 25 illustrazioni – si conclude con l'elenco delle opere
esposte divise tra “Disegni e stampe” (1-160), “Dipinti e
sculture” (161-172) e “Ceramiche Terracotte Vetri” (173-196).
Dal citato articolo de “La
Stampa” di Torino riporteremo soltanto l'intestazione, dato che il
testo di C.L.R. è di fatto una prima stesura, pubblicato col titolo
(da lui non condiviso), dettato dal direttore Giacomo De Benedetti,
Satira, ricerca e fantasia nei disegni di Tono Zancanaro. Il
saggio nella stesura definitiva, consistente in qualche variante e
aggiunta, fu pubblicato in “Critica d'Arte” (a. XIII, n.s., n.
63. giugno 1964, pp. 13-28) col titolo Tono Zancanaro. Delle
17 illustrazioni molte sono identiche a quelle del Catalogo di Pisa.
Ciò dipese da una sinergia di risparmio, come allora si usava fare
di frequente. Ho riprodotto, comunque, lo studio – importante –
integralmente, per non alterare l'aspetto originale e i riferimenti,
basandomi anche sul fatto che repetita iuvant.
Sono tuttora convinto che questo
primo scritto di C.L.R. su Tono sia stato a suo tempo carissimo
all'artista perché gli riconosceva – prima del fondamentale
scritto sui disegni del Gibbo (1971) – d' aver superato la
tappa capitale per l'inquadramento e la comprensione consacrandolo
nel panorama internazionale. La frase conclusiva così recita: “
S'è troppo guardato, e con troppa soggezione, a molte esperienze
internazionali. Tono Zancanaro non può essere una scoperta, ma
avverte con autorità che nella storia dell'arte moderna, se sia una
storia secondo poesia, bisognerà fare molto posto ad artisti
italiani”. Considerazione tuttora valida, perché ancor oggi c'è
sottovalutazione (e ignoranza) di molti maestri italiani del secolo
ventesimo.
Il ricordo del “lancio”
pisano del 1964 sul piano nazionale dell'attività di Tono si
conclude con la riproduzione dell'articolo di Pier Carlo Santini,
chiamato da C.L.R. a sostituirlo saltuariamente nel fornire a “L'
Espresso” articoli in sua vece. Non gradita a Scalfari e ad altri
del settimanale la rubrica e i suoi scrittori, ben presto si giunse
alla cessazione del rapporto con il giornale. In proposito si veda
anche nel blog il post del 24 aprile 2019. Anche Santini riconobbe
l'originalità e la “novità” mediatica (si direbbe oggi) di
Zancanaro, sostenendo che “quale che voglia essere la valutazione
del merito più intrinseco si deve prendere atto di un eccezionale
prestigio grafico”.
F.R. (24 gennaio 2021)

