L'attenzione
critica su Adolfo Paolucci (1905-1981), nato e vissuto ad Urbino, mi
risulta tuttora costituita da pochi scritti risalenti agli anni
Settanta del secolo scorso. Sono, quindi, più di quarant'anni che
questo artista veramente originale non è oggetto di attenzione
analitica da parte di scrittori interessati alle arti figurative del
loro presente storico e, tanto meno, da parte di critici d'arte delle
nuove generazioni.
E'
grazie all'intuito e all'appassionata attenzione e promozione di
Guido Pinzani, scultore eccellente anche lui piuttosto iniquamente
trascurato dagli addetti ai lavori, che io sono stato coinvolto nella
conoscenza dell'opera di Adolfo Paolucci. Addirittura sono stato
contagiato dalla fascinazione particolare emanata dai suoi dipinti
che giustamente il poeta Renzo Gherardini rifiuta di assimilare alla
classificazione di naȉf. L'intuizione di Gherardini, uomo di
vasta e profonda cultura, poeta complesso la cui vena sorgiva si è
rivolta alla comprensione della natura, della terra e dei suoi frutti
come archetipo dell'esistenza, nel pittore Adolfo Paolucci ha
individuato uno spirito affine che si esprime con medium
differente ma congeniale.
Questa
“categoria” di pittori è quasi sempre atona, ripetitiva,
ammiccante ad una purezza atavica perduta – inesistente, per altro–
che a me pare fiacco prefessionismo, e talvolta furbesca
speculazione, persino organizzata dallo Stato, come avvenne in
Jugoslavia titina con i cascami di Generalic, specialmente sloveni,
assimilabili agli operai tayloristi nello sfornare il prodotto
pittorico da esportazione.
Pur
non credendo in linea di massima a rapporti consequenziali tra un
territorio e gli esiti operativi degli artisti nati e cresciuti in
quei luoghi, nel
caso di Adolfo Paolucci c'è un rapporto diretto, indubbio che nei
suoi paesaggi si rifletta la spiritualità originaria dell'umbro
contiguo San Francesco di Assisi, autore di incomparabile poesia,
fresca, vitale e sorprendentemente coinvolgente ancora dopo quasi
otto secoli. E' un fatto più frequente della norma, comunque, che il
rapporto tra il paesaggio umbro-marchigiano del nord e l'uomo che lo
abita e vive comporti degli stimoli che lo inducono a esprimersi in
termini stupefatti, essenziali, talora descrittivi ma in modo sospeso
se non proprio sorpreso per il semplice fatto di esistere. D'altra
parte, a pensarci bene, pittori come Metelli, Francalancia, solo per
citare due grandi artisti di cui conosco abbastanza l'opera, e altri
sono la punta di un iceberg espressivo innegabile nella propria
originalità e nella propria eloquenza visiva di una primitività
che non è un “ritorno all'ordine”, bensì proposta per
l'avvenire.
Vorrei
precisare anche che a mio parere Paolucci pur conoscendo qualche
riproduzione di Metelli, e forse di Francalancia, non è stato
coinvolto nei loro autonomi linguaggi. Escluderei poi la conoscenza
da parte di Adolfo Paolucci dei grandi “primitivi” statunitensi
del Settecento e dell'Ottocento, e poi di Joseph Pickett (1848-1914/18),
bottegaio, o del celeberrimo Grant Wood (1891-1942) e della toccante
Grandma Moses (1860-1961), particolarmente apprezzata dai miei
genitori. Ciò non toglie che tra questi pittori americani, i citati
Metelli e Francalancia e il nostro urbinate si possano riscontrare
affinità indirette perché sorgive, frutto di originale sintonia
fantastica.
Per
lasciare almeno una traccia nell'infinità – forse fragile – di
Internet di un artista misconosciuto come Adolfo Paolucci, mi pare
doveroso immettere in rete tutti i documenti critici e le
riproduzioni di dipinti ed incisioni di cui dispongo. Sono
attestazioni probabilmente – e poi voglio sperare integrabili –
solo parziali, però sono anche le prime che vengono diffuse in rete
con una certa sistematicità e con elementi di potenzialità di
successive indagini.
Nel
1972-73 a Urbino, Bottega G. Santi, Casa Raffaello, in occasione di
una esposizione venne stampato un dépliant con riprodotti tre
dipinti, una breve biografia, e due colonne non firmate di testo che
mescola su e di Paolucci accenni e considerazioni critici senza un
nesso di riferimento.
Firmato
“aprile 1974” abbiamo il primo testo di Renzo Gherardini: è una
pagina – di ispirato taglio poetico – che accompagna la cartella
di acqueforti Alberi e paesi di Adolfo Paolucci. Questo
contributo lo riproduciamo insieme alle cinque eloquenti incisioni
della Cartella realizzata da Guido Pinzani. Nel dicembre 1974 ad Osimo (Palazzo Campana), un altro dépliant presenta la mostra personale dell'artista, una riproduzione di dipinto, una biografia e un testo critico di Renzo Gherardini, datato “Firenze, novembre 1974”. Nel luglio-agosto 1977 a Sassoferrato, in occasione del XXVII Premio Salvi, viene allestita una “sala omaggio” con dipinti di Adolfo Paolucci, e tre contributi critici. Il primo L'infanzia spirituale di Adolfo Paolucci è firmato da Adriano Gattucci, paleologo, storico, poeta e docente all'Università di Urbino.
Il
secondo contributo, La giornata di Adolfo Paolucci è firmato
da Gastone Mosci, docente dell'Università di Urbino e amico del
rettore-fondatore Carlo Bo, nonché giornalista. Il terzo, Postilla,
è una integrazione al proprio testo del 1974 da parte del poeta e
docente di scuola media (basso livello espressione della scelta
didattico-formativa nei confronti dei discenti di solito più
trascurati) Renzo Gherardini. In questo catalogo sono illustrate
cinque opere di Adolfo Paolucci.
Apro
a questo punto una parentesi per ricordare la figura di Renzo
Gherardini (1923-2011) fiorentino doc, erede non partecipante
all'impresa della famosa ditta omonima, che per decenni fu
l'antagonista di Gucci. Personalità naturalmente elegante e
signorile Gherardini non a caso era interpellato il Principe
dai suoi amici tra cui ricordo scrittori come Gadda e Landolfi, poeti
come Luzi, Parronchi, Betocchi, critici letterari come Luigi Baldacci
e Giorgio Luti; poi Alfredo Righi e altri esponenti della cultura
fiorentina. Gherardini era schivo, discreto e riservato, partecipe –
talvolta un po' insistentemente – alle vicissitudini e alle
necessità di amici e conoscenti come me. Autore Vallecchi, tra
l'altro ha pubblicato un importante, basilare traduzione delle
Georgiche di Virgilio ineccepibile nella terminologia botanica
e agricola, essendo Gherardini un amateur competentissimo di
ogni cultura agricola dall'antichità alla contemporaneità. In
proprio curava e pubblicava dei libriccini tascabili con nitida
copertina bianca, segno evidente del suo understatment, che
poi regalava con tratto garbato, quasi imbarazzato. Tra i sui allievi
di scuola media è stato anche Guido Pinzani, che lo ha sempre
ritenuto il cardine della propria formazione culturale. Gherardini ha
condiviso l'esistenza con la moglie Brunetta anche lei insegnante e
con la passione per l'incisione originale, esercitata da dilettante
però con perizia espressiva e tecniva professionale. E' suo il
Ritratto di Adolfo Paolucci, acquaforte e acquatinta, 1974,
che riproduciamo in questo testo redazionale.
Tornando
e concludendo l' excursus su quanto scritto a proposito di
Adolfo Paolucci, nella primavera del 1992 su “seleArte” (IV
serie, n. 14, p. 39) scrissi all'interno di un “pezzo” su Pinzani
le righe seguenti:”...ha portato Pinzani ad essere scopritore di
talenti, come quello favoloso, fresco, naturale e davvero spontaneo
di Adolfo Paolucci. Un lavoratore, ferroviere, se la memoria non mi
tradisce, la cui pittura e le cui incisioni sorgive non vanno confuse
con l'accademismo naif, né con geograficamente prossime
discendenze metelliane”. Nel
2003 sul giornale locale “il nuovo amico” il 29 giugno comparve a
firma del citato Gastone Mosci l'articolo Ricordo di Adolfo
Paolucci. La felicità di essere pittore.
Intendo
poi riprodurre qui di seguito con quelli dell'Archivio i dipinti e le
incisioni che Rosetta ed io possediamo di Adolfo Paolucci, grazie
anche ai doni di Guido Pinzani.
Questo
generoso artista – ormai anche lui ottantenne – che io sappia è
il detentore di molte opere di Paolucci ed è anche al corrente di
molti di coloro che sono custodi delle opere di questo straordinario
artista. A Urbino certamente gli eredi dovrebbero avere diverse opere
e sapere dove sono quelle sparse nel circondario. Dico queste cose
nel caso che qualche studioso abbia intenzione di approfondire la
conoscenza dell'opera del pittore urbinate.
F.R.
( 29 giugno 2020)
P.S. Collegato a questo intervento, l'11 novembre 2020 verrà postato anche lo scritto Postilla circa un viaggio ad Urbino per Adolfo Paolucci.
