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venerdì 26 giugno 2020
mercoledì 24 giugno 2020
{Scaffale di Irene} Aphra Behn, scrittrice anticonformista e maestra di Virginia Woolf.
Aphra Behn nasce nel 1640, durante il periodo della Restaurazione. Si sa ben poco sulla vita della giovane Aphra, a parte il viaggio nel continente africano che compì insieme alla famiglia nel 1663, fermandosi anche per un periodo di non precisa durata in una piantagione di zucchero in Suriname, allora Colonia inglese – viaggio che sicuramente influenzò profondamente la giovane scrittrice – e che nel 1664 si sposò con un mercante tedesco, che morì pochi anni dopo lasciando Aphra con la necessità di mantenersi in qualche modo.
Oltre al teatro, che al tempo era uno sbocco letterario di più immediato ritorno economico, Aphra scrisse anche dei racconti che funsero da fondamento per "the novel" o "romance", ovvero per il romanzo come poi sarà inteso negli anni e nei secoli successivi in particolar modo nella cultura anglosassone. Jane Austen e Charlotte Bronte non avuto modo di riscontrare il successo, seppur relativo in vita, che ottennero per la loro scrittura senza che Aphra Behn spianasse loro la strada perché donne (oltretutto di ceto sociale non aristocratico) potessero reclamare la propria libertà, relativa e comunque ancora sudata e scontata, per essere scrittrici. . Questa donna coraggiosa fece della scrittura la sua professione in un momento storico in cui quella letteraria non era certo considerata la più appropriata e consigliata delle attività a cui dedicarsi per una donna, tanto più se non sposata e se pretendeva di perseguirla come professione e non come semplice hobby.
"Con la signora Behn arriviamo ad una svolta capitale della nostra strada. Ci lasciamo alle spalle, rinchiuse nei loro parchi, tra i loro in-folio, quelle nobildonne solitarie, che scrivevano senza pubblico né critica, solo per il proprio diletto (...) dovette lavorare sullo stesso piano degli uomini. Con un lavoro durissimo, riuscì a guadagnare abbastanza per tirare avanti. L'importanza di questo fatto supera quello di tutte le sue opere (...) perché è in questo momento che comincia la libertà della mente, o piuttosto la possibilità che un giorno o l'altro la mente sarà libera di scrivere ciò che crede".
Una stanza tutta per sé, Virginia Woolf
lunedì 22 giugno 2020
Arte Moderna in Italia 1915-1935 - Testi dei Critici, 14. RAFFAELINO DE GRADA, I (BOLDINI, ANDREOTTI).

Nato nel 1916 a Zurigo (dove il padre Raffaele, pittore, risiedeva dal 1897) Raffaellino – così chiamato per distinguerlo dal genitore – o Raffaele jr. divenne precocemente critico d'arte (1935) e quindi dal 1938 milanese, dove fu risoluto attivista politico (tanto da essere arrestato più volte e scontare 15 mesi di reclusione) e operoso nel gruppo di intellettuali vicini al gruppo di artisti e alla rivista “Corrente”. L'importante nucleo fu uno dei pochi centri ostili al regime fascista. Divenuto comunista fu redattore de “L'Unità” clandestina (1944), quindi partigiano combattente in Lombardia e in Toscana.
mercoledì 17 giugno 2020
{glossario} VECCHIAIA.
lunedì 15 giugno 2020
Museo d'Arte Contemporanea di Firenze, 1985.
mercoledì 10 giugno 2020
H.D. Thoreau e la "disobbedienza civile".
domenica 7 giugno 2020
Mutamenti del paesaggio italiano. Giorgio Pasquali 1942.
mercoledì 3 giugno 2020
{glossario} RESILIENZA.
Ci sono parole che ogni tanto diventano di “moda”. Quindi, in seguito, dilagano come un virus, anche perché praticamente non sono contrastate o almeno ridimensionate al loro uso tradizionale. In definitiva prevale l'accezione approssimativa se non quella inesatta.
Un caso che mi ha sempre infastidito (quasi quanto l'accademico incipit ”il presente studio...” anziché “”questo”), riguarda il termine esaustivo (derivazione servile dall'inglese exhaustive), il quale ha esautorato, quasi accantonato la parola esauriente (dal latino (exhauriens), di antico e onorato servizio semantico. Passi che esaustivo sia usato da scienziati e studiosi che ormai scrivono e pensano in inglese; imperdonabile in giornalisti, scrittori, poeti e nelle persone “colte”. Non so se capita soltanto a me e alla maggioranza di un mio minuscolo sondaggio, che dopo un tempo abbastanza lungo dal primo apprendimento di una “nuova” parola non riescono a memorizzarne il significato. Ciò sia che si tratti di neologismi o di parole utilizzate – ripeto, più o meno propriamente – dilatandone i significati.
Il caso di resilienza è tra queste. Di conseguenza mi sembra opportuno fissare nel “blog” i significati “leciti” di questo lemma, se non altro per poterli consultare in caso di deficit di memorizzazione da parte di un cervello vecchio e usurato come il mio.
Dal vocabolario Treccani:
"resilienza s.f. (der. di resiliente). – 1. Nella tecnologia dei materiali, la resistenza a rottura per sollecitazione dinamica, determinata con apposita prova d'urto: prova di r.; valore di r., il cui inverso è l'indice di fragilità. 2. Nella tecnologia dei filati e dei tessuti, l'attitudine di questi di riprendere, dopo una deformazione, l'aspetto originale. 3. In psicologia, la capacità di reagire di fronte a traumi, difficoltà, ecc."
In “Wikipedia” il punto 3. è così sviluppato e precisato:
"In psicologia, la resilienza è un concetto che indica la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità."
Già che sono in argomento, ho constatato che da un po' di tempo si usa piuttosto impropriamente il lemma diastema, il quale per definizione ha soltanto due significati specifici, i quali per “Wikipedia” sono:
"Con il termine diastema (pronuncia diastèma), parola che deriva dal greco, che significa intervallo si intende la distanza che esiste fra due denti vicini. In geologia il termine indica l'intervallo temporaneo di non sedimentazione o erosione presente tra uno strato di sedimento ed il successivo."