Posto
questo testo, che a suo tempo Monti avrà certamente consegnato in
ritardo a Marco Scotini curatore del “ritardato” Catalogo della
Mostra Carlo L. Ragghianti e il carattere cinematografico della
visione,perché è una
testimonianza su mio padre non dico particolarmente sincera – per
quanto poi sosterrò – ma certamente interessante, degna di
ulteriore conoscenza ed esempio della prosa dell'autore.
Poco
prima di iniziare questo blog “Ragghianti&Collobi” ne avevo
testato la fattibilità facendo un elenco di argomenti e uno di
personalità da inserire e coinvolgere in quell'incerta iniziativa
mediatica. Tra i personaggi che subito mi apparvero indispensabili e
ricorrenti non poteva non esserci Raffaele Monti.
Secondo
il progetto del blog, dunque, Raffaele Monti risultava uno dei
personaggi principali, tanto che inizialmente avevo programmato una
Monteide, la cui
scaletta però mi dette a posteriori l'impressione di poter diventare
demolitoria, scorretta perché il ci-devant
non era più in grado di difendersi. Ne consegue che in questa sede
parlerò di Monti in termini il più possibile spassionati, ignorando
i suoi aspetti inaccettabili per il mio “moralismo”, che
rivendico nel suo autentico significato, assolutamente diverso
dall'accezione denigrativa che oggi sembra preminente. Nel corso
delle centinaia di post fin qui pubblicati, Monti è stato spesso
citato, non sempre in maniera lusinghiera. Ciò non per fumus
persecutionis ma perché qualche
caso in cui era implicato questo personaggio “esagerato” si
attagliava bene al contesto.
Raffaele
(Lele) Monti è stato allievo di mio padre dal 1950, conoscente, aio
e poi amico mio dal 1954. Una amicizia costante anche se con
inevitabili screzi dovuti sempre alla infinita capacità di fare
“casini” che ha contraddistinto il povero Lele. Il suo difetto
principale era quello di essere un bugiardo patologico, cioè
incapace di non mentire anche nei casi in cui ciò sarebbe stato
irrilevante. Un esempio clamoroso e postumo: Lele si toglieva per
vanità gli anni, evidentemente, giacché si fa nascere nel 1936
(ragione per cui sarebbe andato all'Università nel 1950 a 14 anni.
Non è possibile, non siamo negli USA!). Così recita, infatti, il
“coccodrillo” Adnkronos del 22 aprile 2008, commentando la morte
dello storico dell'arte. Monti è nato nel 1933.
Però
era capace di grandi slanci amicali, il Lele, di grandi generosità,
di istintiva adesione ai problemi altrui per i quali poteva
manifestare una empatia talvolta taumaturgica. Eppure era meglio non
farci affidamento, completo almeno. Ancora però, conoscendolo
bene, per lo
meno fino alla sua mezza etò, era impossibile non trovarlo simpatico, non essere coinvolti nella sua esuberanza e nella affettuosità. Mio
padre lo ha sempre – alla fine – protetto, promosso e perdonato,
anche se Lele gli ha fatto fare figure barbine, talvolta tremende (ed
onerose per editori) con colleghi ed amici importanti. Perché Lele
potesse laurearsi doveva superare l'esame di latino nel quale era
stato sistematicamente respinto; C.L.R. venne ai ferri corti con il
collega latinista Lana pretendendo ed alla fine ottenendo la
sospirata promozione di Monti. Cosa che C.L.R. si è ben guardato di
fare – giustamente! – per me che arrivai ultimo alla prova
scritta dall'italiano in latino. Non mi sono laureato anche per ciò
(diciamo che ciò ha inciso per il 10 per cento). Mia madre per Lele
era stata eletta facente funzione della sua defunta (sorella di
Costanzo Ciano, sia detto per inciso), si confidava, era consolato,
incoraggiato... e poi faceva il contrario. Quando Lele tornò da
Milano di nuovo a Firenze dopo qualche anno di assenza, si presentò
contrito con un mazzo di fiori esagerato e con scusanti e pentimenti
tali da farla quai piangere per la commozione. E così via finché
i miei genitori sono morti di precoce vecchiaia valetudinaria.
Poi
è morto pure lui, il Lele Monti, dopo essersi vendicato per un mio
eccessivo rimprovero per la sua sfacciata condotta mendace in un
episodio giudiziario che taccio perché coinvolge altre persone, per
altro defunte quasi tutte. Già! E' stato proprio Lele ad adoperarsi
perché nell'asta inaugurale di Piero Pananti (1999) le opere d'arte
che Rosetta ed io presentammo in vendita per realizzare la cifra
occorrente necessaria all'acquisto delle nostre nuove abitazioni,
nelle quali tuttora viviamo, furono sottoposte inopinatamente a
notifica da parte delle Belle Arti. Un caso mai avvenuto prima in
circostanze analoghe, come fu rilevato.
Siccome
Lele Monti era anche fisicamente vigliacco nonostante il
“corpaccione” (copyright Alfredo Righi), scomparve dalla mia
portata. E fece bene, il Lele, perché per qualche anno lo avrei
certamente “cardato”, cioè menato di brutto e sodo! In seguito
non è sceso l'oblio ma ha preso il sopravvento il residuo di
affezione e di gratitudine per le sue piccole cortesie, per i tanti
insegnamenti culturali ricevuti, i tanti chiarimenti letterari ed
artistici e particolarmente in campo musicale, che nel corso di mezzo
secolo mi ha comunicato, impartito attingendo spesso al meglio della
sua cultura e dell'altrettanto notevole capacità di trasmettere il
suo sapere, le sue interpretazioni con entusiasmo e fascinazione.
F.R.
(25 aprile 2020)

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