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2. IDA CARDELLINI (LORENZO VIANI) - 28 settembre 2018
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4. MARCELLO AZZOLINI (GUERRINI, CHIARINI, VESPIGNANI). 6 ottobre 2019
5/I. FORTUNATO BELLONZI (BOCCHI, D'ANTINO). 12 novembre 2019
5/II. FORTUNATO BELLONZI (MORBIDUCCI, SAETTI). 28 dicembre 2019
6. ALDO BERTINI (CREMONA, MAUGHAM C., PAULUCCI). 22 gennaio 2020.
7. ANNA BOVERO (BOSWELL, CHESSA, GALANTE). 5 febbraio 2020.
8. SILVIO BRANZI (SCOPINICH, BALDESSARI, NOVATI, SPRINGOLO, RAVENNA, KOROMPAY, ZANINI). 23 febbraio 2020.
Di
Giovanni Carandente (1920-2009), critico, collezionista e storico
dell'arte, non ho granché da dire, anche perché nella
testimonianza, che riportiamo, oltre a ricordare Ragghianti egli
parla molto di sé con riferimenti biografici esaurienti. Questo
ricordo intitolato Quella grande apertura mentale, si
ha a Roma nella Sala dei gruppi parlamentari il 27 gennaio 1988 come
commemorazione ufficiale di Carlo L. Ragghianti, voluta e organizzata
da Bruno Zevi.
Personaggio
di esuberante comunicatività, anche divertente per certe sue carenze
di origine sociale (tali da suscitare un'aneddotica anche sapida
degna di noti battutisti quali Mazzacurati e Maccari) ebbe una
fittissima rete di contatti con artisti di primo piano, soprattutto
scultori. Socialmente,
essendo privo di discendenti diretti e consapevole dell'unicità di
certe sue scelte collezionistiche, donò la sua intera raccolta ed
una notevole ed importante biblioteca d'arte contemporanea alla città
di Spoleto della quale – anche tramite il Festival dei due Mondi
ideato da Menotti – è stato un importante promotore culturale dal
1961 alla morte avvenuta or sono dieci anni.
Non
si può non ricordare il suo rapporto culturale con il grande
Alexander Calder, di cui portò nel nostro paese alcuni mirabili
mobiles, ammirati e
studiati da Ragghianti. Alla
mostra Arte Moderna in Italia 1915-1935, Carandente collaborò con impegno, ben al di là delle due schede di artisti assegnate alla sua curatela. Partecipò
praticamente a tutte le riunioni del Comitato esecutivo, talvolta piuttosto agitate, soprattutto quando si trattava dell'esclusione di artisti. Fu anche utile il suo apporto al reperimento di opere scelte di cui si era persa la traccia, nonché nel convincere al prestito alcuni collezionisti perplessi o reattivi all'esposizione.
F.R. (11 dicembre 2019)
Giuseppe
Cominetti (1882-1930) aveva nel 1966 poca bibliografia e tale essa è
tuttora: tra l'esistente, gli scritti di Giovanni Carandente
giustificano l'assegnazione della scheda 1915-1925 a lui. Anche le
opere in mostra sono certamente tra le più espressive della
peculiarità di questo pittore “divisionista” defunto quasi
cinquantenne.
Artista
piemontese, Cominetti è assente tra le 770 riproduzioni di dipinti
del Catalogo – 1968 – del Museo Civico di Torino/Galleria d'Arte
Moderna. Il nome di Cominetti non si trova neppure nel regesto dei
pittori ivi presenti con almeno un'opera.
Trovo
sorprendente questa lacuna, mi auguro colmata nei cinquanta anni
trascorsi, riguardante un artista altamente considerato da Boccioni
e, per di più, membro di una nobile famiglia di Salasco.
Nel
1983 su Cominetti Gianfranco Bruno ha pubblicato una monografia dalla
quale ricavo la seguente sintetica e pertinente analisi:
Volontario
sul fronte francese nella guerra 1914.1918, l'artista ebbe l'incarico
du illustrarla e di scriverne corrispondenze, che oggi diremmo
embedded.
Successivamente,
pur rimanendo ancorato al Simbolismo e al Divisionismo, Cominetti ha
adesioni a temi futuristi collegati alle aspettative del progresso e
della meccanizzazione, che nel concreto produssero il “taylorismo”
e l'alienazione frenetica espressa magistralmente da Charlie Chaplin
in Tempi moderni.
F.R.
(8 dicembre 2019)
In
questa scheda riprodurremo gran parte degli scritti appositamente su
Marini (1901-1980) da Carlo L. Ragghianti i cui ulteriori interventi
e valutazioni saranno oggetto di apposito/i post, come – ad es. –
Incontro con Marino che sarà
pubblicato subito dopo il presente intervento.
Marini
fu un artista apprezzato fin dagli esordi come uno dei più
significativi scultori del secolo. C.L. Ragghianti a 27 anni, nel
1937, su “La Critica d'Arte” (a. II, n. 2, f. VIII, aprile, pp.
XV-XVI) gli dedica due pagine dense ed illuminanti. Nel 1939, sempre
su “La Crtica d'Arte” (a. IV, n. 2-a, f. XX-XXII,
aprile-dicembre, pp. XXI-XXIII) nello scritto Arte moderna
italiana si occupa
prevalentemente di Marini, cui dedica le due illustrazioni,
concludendo “si sia avverato in tal forma, e con tale altezza, da
rendere ormai certo anche chi non ne fosse stato fin' allora
convinto, dell'assoluto valore artistico di Marini”. Dopo
dieci illustrazioni documentarie, sempre di C.L. Ragghianti e da
“Critica d'Arte” (a. V, n.1, f. XXIII, gennaio-marzo 1940, pp.
102-103 con 4 illustrazioni) il saggio recensorio de La
terza Quadriennale, tratta di
Marini osservando che: “un governo così sicuri del fare, dovevano
bene, negli ultimi tempi finire per risolvere in un assestamento
autonomo, spontaneo di stile l'insaziabile affetto per la singolarità
delle cose, e la sua alta e spiegata sensualità”. La scheda della Mostra-Catalogo Arte in Italia 1935-1955, dovuta a Pier Carlo Santini, introduce la produzione successiva di Marini, la quale si svolgerà fino alla sua morte mantenendolo costantemente ai vertici della rivelazione visiva del Novecento.
Nel
dopoguerra R. scrive un breve commento su Marino nel n. 1 di
“seleArte” (lug.-ago. 1952,
pp. 48, 49)
in occasione della XXVI Biennale di Venezia, qui riprodotto assieme
all'altro intervento sulla rivista (n. 77-78, gen.-giu. 1966, pp.
107, 110) che cessava la pubblicazione dopo quattordici anni. Segue
un'altra sequenza visiva conclusa dalla riproduzione di alcuni
disegni e gouaches.
Le
vicende personali tra Marini e Ragghianti sono state più volte anche
intense, specialmente quando R. ha tentato di coinvolgere l'artista
nella realizzazione di un polo artistico internazionale centrato su
Firenze, non escludendo altre città toscane. Queste vicende sia
individuali che complessive sono già state in parte indagate.
Comunque non mi pare il caso di parlarne in questa sede. Posso dire
soltanto una mia impressione non troppo peregrina: cioè che Marino
rimaneva convinto e aderente a certi progetti di R. (Villa Il
Cavaliere a Boboli, ad es. o Museo Marini però poi realizzato in
concreto da altri). Successivamente quasi sistematicamente – con
molto suo imbarazzo, tanto da rendersi spesso irreperibile –
cambiava opinione e si sottraeva agli impegni. La mia impressione è
che l'artista fosse nelle faccende pratiche condizionato oltre misura
dalla consorte, la quale manifestava verso Ragghianti una antipatia
al di là di quanto consentito nei convenevoli sociali. Una tipica
situazione umorale disgiunta da specificità.
F.R.
(20 gennaio 2020)
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