Un contingente
interessamento di mia sorella Anna riporta in memoria l'esistenza di
questo pittore praticamente sconosciuto, anzi misconosciuto. Ci si
può domandare come mai Carlo L. Ragghianti si occupasse su
sollecitazione dello storico, e collega all'Università di Pisa,
Giuseppe Are di questo artista a lui allora ignoto. Domanda lecita
anche perché non era, come non è oggi, inconsueto che storici
dell'arte, critici, scrittori più o meno saltuari sull'arte scrivano
presentazioni per vari motivi estranei ai loro reali interessi
professionali. Questi scritti d'occasione a volte sono vere e proprie
“marchette”, come vengono definiti in gergo, cioè prestazioni di
puro mercimonio. A volte, invece, si tratta di scambi tra colleghi o
tra editore e autore; a volte non è estraneo il sesso, e via
discorrendo.
Beh! queste cose C.L.R.
non le faceva: al massimo ha scritto qualche riga per non deludere un
richiedente insistente ma legittimato da circostanze “oneste” e
nell'ambito di condivise strategie culturali. E' accaduto, ma assai
raramente, che per raggiungere un più importante obiettivo
Ragghianti accettasse di indagare l'opera di un artista marginale.
Però se ne ha scritto era perché, conoscendo la persona o il suo
lavoro, ne apprezzava le qualità sufficientemente per uno scritto
non solo di circostanza ma formalmente e storicamente corretto e
giustificato.
Questo è stato il caso,
per fare un esempio concreto, della indagine su Arturo Momoli
Longhini, artista genovese, già nel 1958 invitato a “La Strozzina”
con una vetrina. Quindi essendo costui fraterno amico ( e
co-massone?) dell'ing. Alberto della Ragione, lo indusse a parlare di
lui a C.L.R. in una delle occasioni d'incontro per definire i termini
della “grandiosa” donazione a Firenze della sua collezione. Ne
conseguì, nel dicembre 1970, che il critico dedicò due pagine –
ovviamente dignitose – alla pittura di Momoli. Per quanto
successivamente l'artista lo solleciti per una monografia, soltanto
nel 1980 – e solo perché ne è convinto – C.L.R. consegnerà un
testo lungo ed articolato di analisi e valutazione dell'opera del
pittore genovese. Questo testo si trova poi pubblicato nel 1981
dall'editore Carpena.
Questa lunga premessa che
vuol chiarire la distinzione tra testo storico-critico spontaneo e
testo “estorto” per una ragione qualsiasi però impropria, il che
tra l'altro è moralmente riprovevole ed equivale alle expertises che
nobilitano “croste” e “cerotti” a opere d'arte di qualità.
Il che è anche un reato.
Tornando a Ruggero Falanga (1914-1970), dopo aver riguardato le sue opere nell'unica pubblicazione nota, cioè il catalogo monografico edito nel 1978 per l'esposizione in Palazzo Strozzi (15 novembre –
Tornando a Ruggero Falanga (1914-1970), dopo aver riguardato le sue opere nell'unica pubblicazione nota, cioè il catalogo monografico edito nel 1978 per l'esposizione in Palazzo Strozzi (15 novembre –
15 dicembre) a cura
dell'Azienda Autonoma di Turismo di Firenze, mi sento di concordare
con chi sostiene la piena validità dell'operato di questo pittore.
Il 29 settembre 1978 Carlo L. Ragghianti scrisse ad Andrea vòn
Berger (giovane e dinamico Presidente dell'A.A.T. Di Firenze, anni
dopo travolto in consueto scandalo di socialismo craxista): “...
Per quanto riguarda Falanga (da me presentato) si tratta di un
artista pressoché ignoto ma dotato singolarmente e suggestivo. Prego
comunicare al prof. Are la disposizione che hai preso e concordare
con lui quanto occorra”.
Giuseppe Are (1930-2006),
già normalista e allievo di Cantimori e Passerin d'Entréves, poi
professore ordinario di Storia contemporanea a Pisa, all'epoca della
mostra era – se così si può dire – il capofila degli
apprezzatori del pittore scomparso nel 1970 e come tale chiese al
collega Ragghianti un interessamento che confermasse o meno la sua
ammirazione per Falanga. Evidentemente C.L.R. valutò positivamente
quell'operato tormentato da una continua ansia di approfondimento nel
cambiamento e oltre al parere richiestogli si offrì di scrivere un
breve saggio sul lavoro del pittore che “è stato sempre un
temperamento eccessivo, come mostra, oltre alla sua biografia e al
suo lasciarsi morire, il bisogno frequente di concentrarsi in quelle
che chiamava forme alternative” e che “come molti artisti di
questo secolo si richiamavano a Picasso … per virtù del quale si è
affermato il diritto contemporaneo al rifiuto di un centro, al
sondaggio illimitato dell'essere”.
Giuseppe Are nel suo
scritto in Catalogo L'itinerario di Falanga (uomo di molte
letture) traccia una sintesi del tormentato percorso artistico del
pittore, caratterizzato da “cicli” e da una costante ricerca di
valori estetici.
Anche il breve intervento
del giovane Geoffrey Hinton (n.1947) intitolato Conflitto e
paradosso sottolinea la complessità della psicologia di Falanga,
comunque non contraddittoria, e conclude ricordando la scritta che
l'artista dipinse su una parete del suo studio: “io cerco qualcosa
che è come la luce di dio”.
Geoffrey Hinton, inglese
divenuto canadese, in seguito è diventato un importante psicologo
cognitivo e scienziato informatico che dal 2013 lavora
contemporaneamente per Google e l'Università di Toronto.
I cenni biografici di
Ruggero Falanga sono illustrati con partecipe commozione dalla
psicoterapeuta Angela Margherita Sacchi, che ricostruisce il
tormentato ma tenace svolgimento artistico ed umano di un pittore
originale ed inconsueto.
F.R. (7 settembre 2018)

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