Carlo e Licia

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mercoledì 15 agosto 2018

L'Arte Moderna in Italia, 1915/1935 - 8. CESETTI, FAZZINI, GENNI WEIGMANN, GENTILINI, GUTTUSO



Post precedenti:

1. 30 dicembre 2017
Presentazione di Carlo L. Ragghianti.
Criteri del Catalogo, Bibliografia generale. Comitato d'onore; Comitato esecutivo; Comitato tecnico; Comitato di consulenza nazionale; Consiglio A.T.T. di Firenze; Consiglio de “La Strozzina”;  organizzatori percorso museografico; segreterie; fornitori dell'esposizione.
2. 31 dicembre 2017
Criteri assegnazione schede critiche; criteri per la consultazione del Catalogo e quelli distintivi di questa rievocazione.
Artisti: ALCIATI, Nino BARTOLETTI, Pasquarosa BARTOLETTI, BIASI, BONZAGNI, BOSIA, BUCCI, CHECCHI, COSTETTI, FERRO.
3. 28 febbraio 2018
Artisti: GALIZZI, GEMITO, GRAZIOSI, Piero MARUSSIG, OPPI, PENAGINI, PRENCIPE, SPADINI, WILDT.
4. 25 marzo 2018
Artisti: BACCI, DUDREVILLE, GOLA, MAGRI, PARESCE, RAMBELLI, BARTOLI NATINGUERRA, GUIDI.
5. 15 aprile 2018
Artisti: BARTOLINI.
6. 4 maggio 2018
Artisti: SAVINIO, TROMBADORI, MONACHESI, FONTANA, MUNARI, FRANCALANCIA.
7. 3 luglio 2018
Artisti: FURLOTTI, METELLI, BARBIERI, BROGGINI, CAGLI, CAPOGROSSI.




Il testo precedente fu scritto da Carlo L. Ragghianti in occasione della mostra “100 opere di Giuseppe Cesetti” per il ricco catalogo che i fratelli Farsetti di Prato allestirono come omaggio all'artista nel novembre 1970. Seguono una serie di dipinti di Cesetti dal 1926 al 1940. In quell'anno
sembra sia più corretto datare il nudo L'Etrusca, esposto e datato entro 1935 tra quelli presenti nella mostra di Palazzo Strozzi. Chiudono la rassegna visiva la locandina della prima mostra parigina dell'artista e il ritratto che gli fece Ottone Rosai nel 1944. 
In un primo tempo avevo pensato di riportare in questa sede la corrispondenza del 1966 e 1967 tra Ragghianti e Cesetti, 
allora addetto culturale all'ambasciata italiana a Parigi, riguardante il trasferimento di 250 opere scelte dalla Mostra 1915-1935 nella capitale francese. L'iniziativa non ebbe seguito per i soliti “lacci e laccioli” della italica burocrazia, e della parsimonia (soprattutto nei confronti delle assicurazioni) esibita specialmente riguardo alle iniziative serie e culturalmente rilevanti dalle “autorità”. Constatato d'altra parte che queste sezioni riguardanti i singoli artisti in un solo blog tendono a diventare troppo lunghe e a far correre il rischio di un allentamento dell'attenzione del lettore, preferisco rendere successivamente nota questa corrispondenza (con qualche integrazione) in un post apposito.
F.R. (21 maggio 2018)
.






Carlo L. Ragghianti ha scritto su Pericle Fazzini, salvo fortuiti ulteriori ritrovamenti, soltanto la scheda presente e i testi che riproduciamo dopo gli autoritratti sottostanti. Vale a dire una recensione inserita ne La Terza Quadriennale d'Arte di Roma in “La Critica d'Arte” (a. IV, n.1, gen.-mar. 1939); una intera pagina del fascicolo speciale su la 27a Biennale di Venezia pubblicato in “SeleArte” (n.12, mag.-giu. 1954); sempre da “SeleArte” (n.37, sett.-ott. 1958) la recensione al libro di Fortunato Bellonzi su I campi di Fazzini. Riporto anche una prosa e una poesia a dimostrazione di un impegno culturale diffuso nelle generazioni prebelliche di artisti che vivevano il proprio talento figurativo congiunto con le lettere e, spesso, la musica. Segue la consueta carrellata di riproduzioni di opere del periodo con qualche esemplare successivo. Infine ho pescato nel mio Archivio un curioso estratto da “Time”, 28 febbraio 1955.
Di Fazzini come uomo non so quasi niente di concreto, anche se l'ho conosciuto intorno al 1985 assieme a Alfredo Righi e a Piero Pananti a 
Roma un pomeriggio in Via Margutta nel suo studio. Persona piacevolissima, anziano bonario, gentile e grato al mondo per il riconoscimento che gli aveva tributato. Qualche amabile aneddoto, infine “tanti ma tanti cari saluti al babbo”: tutto lì. Che si stimassero e si apprezzassero come persone con Ragghianti è certo; come si può dedurre dal tono della scarsa corrispondenza epistolare. Fazzini, non so quando come e perché, donò un paio di bei disegni a mio padre, di cui riproduco qui quello che è restato di proprietà di Rosetta. Esiste anche una prova d'artista dell'incisione nella “Galleria Grafica contemporanea” dedicata: “A C.L. Ragghianti/con amicizia/ P. Fazzini/ Fi 11 ott. 1964”. Fazzini fu anche indirettamente caro a mia zia Erminietta Ragghianti perché le fece compagnia dagli '50 alla morte quale autore del disegno che ritraeva Ugo Bonaca, un medico sposato, morto di cancro precocemente, che fu il grande, forse unico, indimenticabile, amore tragico della zia.
F.R. (1 giugno 2018)




Onori e oneri della notorietà. "Grooping boy" (ragazzino annaspante) è il nomignolo dato spregiativamente dagli allievi del liceo statunitense cui la scultura era destinata. Ci sta che dei ragazzi e delle ragazze "rock 'n roll" affibbiassero un appellativo riduttivo e dissacrante. La cosa scandalosa fu l'accoglienza bacchettona, becero cascame puritano dell'intera comunità il cui unanime Consiglio cittadino definì - in documenti il rifiuto e rottura di contratto (pagando però l'artista, il che mostra una certa correttezza) - l'opera "ridicola", "un'idiozia" e "una mostruosità". Nel 1955 questo curioso episodio ebbe notevole risonanza, come si vede nell'estratto da "Time", importante rivista internazionale allora diffusa in milioni di copie, che tra l'altro era proprietà del marito dell'ambasciatrice U.S.A. in Italia Clare Boothe Luce. Fazzini ci rimase male; non ricordo se la canea intellettuale piciista insorgesse indignata, certo è che l'artista fu noto di colpo in tutto il mondo.


Genni Wiegmann (1895-1969) è stata un personaggio e una personalità artistica notevole, trascurata all'epoca della Mostra 1915-35 nonostante fosse stata attiva in Italia da prima della guerra. Operò coraggiosamente anche nella Resistenza, esposta come tedesca di nascita a sicura morte se catturata. Comunista del partito che fu di Rosa Luxemburg, dopo qualche anno dal conflitto tornò assieme al marito architetto e pittore Gabriele Mucchi nella Germania Est, dove morì nel 1969. A tutt'oggi la Wiegmann è stata indagata se non proprio inadeguatamente, certamente meno dei suoi contemporanei sia tedeschi che italiani.
Genni conobbe C.L. Ragghianti durante la Resistenza, e dopo la sua morte Mucchi – per il quale compilai il catalogo Opera Grafica, Vangelista Editore, Milano 1971 – prima di rientrare in Germania dopo la pubblicazione del catalogo, donò all'amico C.L.R. il disegno (Nudo disteso, 1953, pennarello nero, 355x246) che è riprodotto a fianco, come paradigmatico ricordo perché così era certo che avrebbe gradito Genni, la sua prima moglie.
Riporto quindi la scheda del pregevole catalogo della mostra fantasma Arte in Italia 1935-1955 (U.I.A. & Edifir, 1992), scritta da Mario de Micheli, per dare ulteriore informazione e indicazione critica della scultrice. Seguono alcune sculture tra cui quella donata a Firenze (1966) per il costituendo Museo d'Arte Contemporanea, ideato e voluto da Ragghianti come una sorta di “risarcimento” morale e simbolico al popolo e alla città di Firenze provati dall'alluvione del 4 novembre 1966.
F.R. (3 giugno 2018)
Nudo disteso, 1953. Pennarello nero. Dono di G. Mucchi a C. L. Ragghianti.


L'attenzione critica di Ragghianti nei confronti di Gentilini fu precoce; risale infatti al 1939 ed è una citazione all'interno del saggio su La Terza Quadriennale di Roma (“La Critica d'Arte”, a.VI, n.1, gen.-mar.). Invero il testo (vedi sotto scheda) è piuttosto ruvido, di quella severità che si esprime quando qualcuno tende a ricorrere alle scorciatoie; è, comunque, un segnale di considerazione se si considera che di Gentilini si parla, mentre di decine e decine di altri artisti presenti alla Quadriennale non si fa menzione. Benché praticamente coetanei, C.L.R. non ha avuto occasione di approfondire con Gentilini una conoscenza né delle opere né dell'artista. Benché io pensi che essi fossero di carattere consentaneo non si è verificata una inclinazione come in diversi altri casi di artisti con problematiche degne di indagine. Penso che questa mia considerazione sia suffragata da un brano di lettera (di altro argomento) nella quale C.L.R., riferendosi ad una litografia rappresentante un volto femminile scrive: “... di Gentilini, un artista che ho sempre apprezzato e promosso, seppure non ho avuto occasione di studiare a fondo (ma non sino al punto di non accorgermi che un suo quadro giovanile era una rielaborazione del quadro non finito di Courbet col Parto: indicazione significativa evidentemente, ma forse perciò, come tante altre fonti culturali, non còlta dalla critique d'art contemporanea, che ha altri interessi, ma non ha in compenso cultura).”
Ho espresso queste considerazioni e citazioni perché ritengo che Gentilini sia stato un artista che è sempre cresciuto durante il suo percorso espressivo, con una originalità di rara coerente sicurezza e 
continuità.  Oltre ad alcune riproduzioni del periodo fino al 1935, unisco la scheda per il Catalogo Arte in Italia 1935-1955 scritta da Pier Carlo Santini nel 1992. Quindi seguono anche esempi di opere eseguite nell'arco della vita dell'artista comprese due litografie originali da “XXe siècle” n.50 (1978) e n.55 (1980) esempi dei tanti grandi volti femminili e una piccola incisione per auguri del 1968 a C.L.R. (vedasi il post 2 gennaio 2017), una delle superstiti opere di grafica già dei Ragghianti. Documento poi, con a seguire un paio di ritratti fotografici dell'artista, le due incisioni appositamente operate dall'artista per le due cartelle di grafica organizzate da C.L.R. per l'Associazione Spastici, quella di 50 Maestri edita da Il Bisonte nel 1964 e quella – anch'essa di 50 incisioni originali – a favore dell'Università Internazionale dell'Arte di Firenze, sempre edita da Il Bisonte nel 1976/77 (vedasi post 25 dicembre 2017) e una tempera per illustrare un libro. Infine concludiamo con un esempio della calligrafia di Gentilini: un biglietto inviato a Lara Vinca Masini, allora Segretaria di redazione di “SeleArte”. In esso si parla di una monografia dell'artista richiesta a titolo personale. Fatto al limite della correttezza, a cui certamente i miei genitori non avrebbero obiettato in linea di massima ma forse sì se avessero saputo che all'impiegata sarebbe servito per scriverne in altra sede con un orientamento di metodo e di impostazione difformi da quelli di “SeleArte” e dei Ragghianti. Quando qualche tempo dopo i miei genitori furono edotti di questa prassi, sia pur senza polemiche sciolsero il legame fiduciario.
F.R. (6 giugno 2018)

In questa serie di artisti che si succedono lo schema cronologico originario della Mostra Arte Moderna in Italia 1915-1935 non avrebbe dovuto esserci Renato Guttuso. Ciò perché la sua statura di protagonista della vita culturale e sociale e l'attenzione costante di C.L. Ragghianti fin dagli anni romani anteguerra richiedevano una mole di documentazione che avrebbe squilibrato l'inserimento in sequenza nei confronti degli spazi dedicati agli altri artisti. Perciò Guttuso avrebbe dovuto comparire nella serie monografia di post, di cui per il momento è stato pubblicato solo Luigi Bartolini (vedi n.5 del 15 aprile 2018). Però il mio carattere anarco-”giustizialista” (sì chi lo merita deve stare in galera!) non accetta di dar rilievo “speciale” ad un individuo così discutibile in tutti i sensi e così mediocre. Sì mediocre come persona (basta pensare alla conversione finale, con risvolti quasi farseschi – due funerali, e due corpi?; Giulio Andreotti che lo beatifica su “Epoca” del 30 gennaio 1987 – da parte di di uno che aveva avuto la faccia tosta di scrivere a Ragghianti che non esiste nessuno “più ateo di me”!); mediocre anche perché, a mio avviso, la sua pittura successiva al ciclo d'omaggio morandiano è spesso, troppo spesso penosa, con opere degne di un utilizzo nella tradizione pittorica postribolare. Di conseguenza eccolo qui, Guttuso, in sequenza e con la documentazione pertinente indispensabile. D'altra parte soprattutto circa la pittura non so che cosa ne pensasse C.L.R. veramente. Però c'è un dato significativo, “ufficiale”: dopo questa scheda del 1966 (pubblicata nel marzo '67) Ragghianti non solo non ha più scritto niente su di lui (salvo il necrologio richiestogli da “La Nazione” e ripreso da “Nuova Antologia”), non ne ha parlato più, cancellato, e al contempo non ha più voluto avere rapporti diretti con costui, un “cacicco” al cui cospetto eri ammesso accompagnato da servitori in livrea e con “le polpe”. Proprio roba da autentici comunisti!
E' del 1938 (“La Critica d'Arte”, n. 4-6, p. XXIII) nel saggio Arte contemporanea in Italia il primo accenno della Bibliografia sul lavoro di Guttuso da parte di C.L.R., essenziale e circoscritto: “...Guttuso un Ritratto dello scultore Franchina, assai leviano, ma non privo di impeto”. In questa sezione del post - oltre alle opere illustrate nella scheda dalla collezione Alberto Della Ragione (un gruppo qualificato, esemplare per mostrare le qualità espressive dell'artista di Bagheria) -, si cerca di far emergere “quella tensione tragica” che si riscontra nelle sue più riuscite creazioni. Si prosegue come in analoghi casi dove viene riprodotta l'incisione della cartella “Galleria Grafica Contemporanea” (1964) con sottostante la frase icastica con cui R. ha contraddistinto ogni incisione; affiancata campeggia la firma litografica che apre la cartella “Sicilia” edita nel 1962 da “Il Bisonte” di Maria Luigia Guaita, con presentazione di C.L. Ragghianti. La Natura morta del 1941 e Cestino di fichi, entrambi con un fiasco di vino, 
sono presenti alcuni esempi – al di là dell'importanza stilistica dei singoli dipinti – non tanto del periodo (le “picazzate”, come dicevano sfottendo) ma perché ci ricordano il quadretto di Guttuso che dalla fine del 1945 al 1970 è stato al centro dei quadri sopra la credenza viennese della nostra sala da pranzo. Era un'opera rettangolare, di medie dimensioni, ricca di impatto visivo, una “picazzata” riuscita per dirla con ironia. Essendo una delle primissime opere presenti in famiglia ed essendo “colorate” con campiture nette e squillanti era molto amata specialmente da noi ragazzi. Però nel maggio-giugno 1970 nostra madre in seguito ad una banale operazione alla cistifellea e al collasso di un polmone, morì tecnicamente nove volte mentre il chirurgo le faceva funzionare il cuore manualmente, le spese ospedaliere della lunghissima degenza furono una vera e propria “mazzata”. Nostro padre – sconvolto ed inesperto – affrontò i debiti anche cedendo “a strozzo” alcune opere d'arte. Tra esse l'unica scelta senza indugio fu la Natura morta di Guttuso. Evidentemente per lui il dipinto ricordava già una grande amicizia frantumata: cedendo così il quadro penso che compì anche un atto liberatorio, che altrimenti egli avrebbe considerato meschino. Non so in che mani sordidamente speculative abbiano consegnato il dipinto l'offertosi “mediatore” perché “fervido ammiratore” di C.L.R.” nonché labronico gallerista (già rappresentante regionale di una grande azienda farmaceutica per alimentazione dei neonati) e il suo socio “occulto”, conterraneo, allievo pisano di R., padre putativo di S. Maria Novella e Campo di Marte. Spero solo che il quadretto si sia trasformato in un'opera iellatoria per chi la possiede, per avidità (cioè praticamente sempre). Comunque spero invano, perché purtroppo non mi riesce a credere nelle superstizioni.
Non è quindi mia intenzione ritornare in seguito a inserire il Guttuschero (come talvolta era chiamato) in questo blog salvo – forse – per pubblicare alcune lettere delle corrispondenze scritte nel dopoguerra, illustrandole con i disegni che l'artista fece durante le sedute della Giuria del Premio Golfo della Spezia all'inizio degli anni '50.
Siccome mio padre era una persona di estrema generosità (in questo non era per niente lucchese), caratteristica che data la concomitante eccessiva passionalità ha sempre sofferto moltissimo le delusioni e i tradimenti di gente alla quale aveva dato ampi – anche troppo – margini di fiducia, quando dalla redazione de “La Nazione” (c. 20 gennaio 1987) gli fu chiesto di ricordare Guttuso egli – già dalla clinica dove trascorse oltre tre mesi prima di morire dopo il breve ritorno a casa – egli scrisse con grande magnanimità il testo equilibrato ed anche indulgente che chiude questa scheda.
F.R. (10 giugno 2018)

Appendice 1 – Siccome la pittura di Renato Guttuso del periodo 1935-1955 è ancora originale, esemplare manifestazione di aderenza con la propria ideologia in un periodo principalmente dibattuto riguardo alle scelte espressive tra Realismo (più o meno socialista) e astrattismo, ritengo opportuno riprodurre la scheda comparsa sul catalogo Arte in Italia 1935-1955 (Università Internazionale dell'Arte di Firenze – Edifir, 1992). Questa scheda è firmata Red., segno che non si
era voluto esporre scrivendola nessuno dei membri del Comitato allora militanti P.C.I. di spicco. Considerato il fatto che l'elemento trainante dell'iniziativa editoriale e coordinatore della redazione era Pier Carlo Santini, non ho dubbi che egli sia stato l'estensore di questa scheda, della quale vale la pena di riproporre il contenuto.


Appendice 2 – Siccome lo scrupolo documentario mi è stato inculcato come esigenza prevalente, non posso esimermi – anche a costo di contraddirmi parzialmente – dal ripubblicare in questa sede la nota Guttuso e Morandi (“Critica d'Arte”, n.79, giugno 1966, rubrica “SeleArte”, pp. 2,3). Questo testo è illuminante soprattutto in quanto riferendosi alla serie di dipinti “Omaggio a Morandi” (morto nel 1964), dimostra da parte di Guttuso “una lezione di intelligenza critica, valida in sé oltre il confronto...”. Dato poi che nel testo redazionale di questa scheda ho scritto che dopo il ciclo di omaggio morandiano la pittura di Guttuso è spesso “penosa” questo documento diviene una sorta di controprova. Ritengo infatti importante riportare un'opinione positiva, 


al limite di una ultima apertura di credito da parte del critico amico e disilluso, che poi fece esporre se non l'intero ciclo (si veda qui sopra il dipinto già Collez. A. Della Ragione) la grandissima parte di esso (acquistata, se ciò che mi disse all'epoca Raffaele Monti è esatto, da Alberto Mondadori) in Palazzo Strozzi a Firenze. La stessa sede in cui proprio quest'anno (16 marzo-21 luglio) si è tenuta la mostra Nascita di una Nazione. Guttuso, Fontana, Schifano. Titolo e contenuto di essa sono arbitrari, come del resto avviene in quasi tutte le esposizioni di questo periodo, che risultano criticamente e storicamente alquanto carenti, a volte capricciose, o espressione di proposte soggettive accattivanti ma abusive.

F.R. (23 luglio 2018)

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