Carlo e Licia

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giovedì 31 maggio 2018
lunedì 28 maggio 2018
Architettura e cultura. Ragghianti (1968)
Mentre imperversava il
deleterio '68, C.L. Ragghianti continuava ad insegnare e a studiare
senza concessioni demagogiche, nonostante gli ostacoli inauditi, le
delusioni, le amarezze. Tra l'altro, evidentemente colpito dalla
virulenza “sovversiva” degli studenti di architettura
particolarmente restii non solo a confrontarsi con il sapere del
passato ma anche a darsi una cultura ed una metodologia perlomeno
“professionale”, R. meditò queste pagine intitolate non a caso
Architettura e cultura (“Critica
d'Arte”, n.148,149, lug.-ott. 1976). Di conseguenza, in modo non
inconsueto a ben considerare, questo è anche un testo “pedagogico”.
La confutazione ragionata e critica di tante affermazioni contenute
nel volume di Simoncini Gli architetti nella cultura del
Rinascimento viene fatta oggetto
di critica ragionata, con un andamento propedeutico ad una
comprensione scolastica; il controbattere diviene metodo esemplare,
dal contingente si va al necessario. Via via si dipanano voci
temi oggetto di
critica ragionata. Si dibatte della trasmissione della conoscenza da Vitruvio
al
“rinascimento”, del segreto professionale, della prospettiva, del
disegno architettonico, di sociologia dell'arte, di linguaggio
visivo, e di altri importanti argomenti. Non manca l'argomentazione
dell'anticipazione dell'arte sul periodo storico in cui si manifesta.
Naturalmente si traggono anche conclusioni e si fanno osservazioni
pungenti: si depreca l'insoluta cronologica, la sovrapposizione in
chiave sociologica dei fatti e dei protagonisti, la superficialità
ai limiti dell'ignoranza, ecc.
Il
saggio di R. è stato regestato da Valentina La Salvia nel suo
importante Per mio conto e fuori dalle convenzioni
scientifiche. C.L.R. scritti sull'architettura del XX secolo,
volume antologico ma ovviamente non riportato perché di carattere
generale ed esulante dai limiti cronologici di questa “preziosa”
(come ha scritto M.T. Filieri) e davvero imprescindibile da future
ricerche sul pensiero di R. circa l'architettura e l'urbanistica.
[F.R.
e
R.R., 20 febbraio 2018]
venerdì 25 maggio 2018
martedì 22 maggio 2018
Premio Firenze, 1947.
Sono trascorsi 71 anni dal 1947, quando la Giunta Comunale di Firenze (PCI,PSI,PRI) con Sindaco Mario Fabiani tramite l'Azienda Autonoma di Turismo – presieduta dal conte Tancredo Tancredi – incaricò Carlo L. Ragghianti di studiare e proporre un piano operativo per realizzare una Mostra Premio Internazionale di Firenze da effettuarsi sotto l'egida del Comune. Questo fatto in sé potrebbe esaurirsi nel darne notizia, in quanto costituisce un codicillo nell'ambito di una accurata ricerca sulle operazioni culturali promosse o gestite dall'Amministrazione comunale in una delle poche città che allora – e persino ancora oggi – costituiscono un punto di riferimento globale per la storia culturale in generale e le arti figurative in particolare.
Preferisco, invece, rendere noto questo progetto perché lo considero metodologicamente tuttora valido. Nei congelati ultimi decenni e nell'oggi contraddistinto dalle franceschinate, abbiamo assistito ad un centralismo incapace e omnicomprensivo che, anziché allargare gli ambiti di vera autonomia e di disponibilità economiche nelle competenze e nelle iniziative pubbliche, fa constatare una progressiva regressione burocratica con pesanti, ingombranti interferenze politiche prive di ogni spessore di competenza e volutamente spesso delegate a collaudati circuiti privatistici che privilegiano gli aspetti spettacolari a scapito di quelli formativi e problematici.
Si noti che sull'onda della riacquistata libertà e democrazia, C.L.R. all'epoca aveva ancora qualche fiduciosa aspettativa nei riguardi delle capacità dei “nuovi” politici, i quali effettivamente in tutti i settori scelsero prevalentemente persone competenti con criteri di merito. D'altro canto quella che oggi si suole chiamare “società civile”, allora non era estraniata dai politici onesti, competenti e rispettabili. Di conseguenza era possibile affidare compiti delicati, complicati, economicamente consistenti in prevalenza a persone qualificate e irreprensibili. Comunque questo Premio Firenze rappresenta anche
Preferisco, invece, rendere noto questo progetto perché lo considero metodologicamente tuttora valido. Nei congelati ultimi decenni e nell'oggi contraddistinto dalle franceschinate, abbiamo assistito ad un centralismo incapace e omnicomprensivo che, anziché allargare gli ambiti di vera autonomia e di disponibilità economiche nelle competenze e nelle iniziative pubbliche, fa constatare una progressiva regressione burocratica con pesanti, ingombranti interferenze politiche prive di ogni spessore di competenza e volutamente spesso delegate a collaudati circuiti privatistici che privilegiano gli aspetti spettacolari a scapito di quelli formativi e problematici.
Si noti che sull'onda della riacquistata libertà e democrazia, C.L.R. all'epoca aveva ancora qualche fiduciosa aspettativa nei riguardi delle capacità dei “nuovi” politici, i quali effettivamente in tutti i settori scelsero prevalentemente persone competenti con criteri di merito. D'altro canto quella che oggi si suole chiamare “società civile”, allora non era estraniata dai politici onesti, competenti e rispettabili. Di conseguenza era possibile affidare compiti delicati, complicati, economicamente consistenti in prevalenza a persone qualificate e irreprensibili. Comunque questo Premio Firenze rappresenta anche
l'archetipo delle successive iniziative analoghe di C.L.R. sempre assertore del fatto che Enti e Istituzioni “pubbliche” devono essere gestiti esclusivamente nel pubblico interesse. Così il Premio doveva essere antesignano per l'atteso Statuto della Biennale di Venezia, retta ancora nel 1948 in regime di commissariamento. Così avvenne per la Fondazione Ragghianti di Lucca nel suo primo Statuto, successivamente malamente stranito a discapito dell'autonomia delle competenze.
Da notare in conclusione che c'è una stretta relazione temporale tra il progetto (12 ottobre 1947) di riforma per l' “Ufficio Arti e Antichità” del Comune di Firenze, redatto per il sindaco Fabiani da C.L.R. in qualità di Presidente dello Studio Italiano di Storia dell'Arte, postato in questo blog il 26 aprile 2018, e questo progettato Premio Firenze dell'8 ottobre 1947. Questa relazione conferma che, nonostante l'incipiente “guerra fredda”, tra le principali forze della Resistenza sussistevano ottimi rapporti, come questi tra comunisti e PRI, al quale Parri, La Malfa, Ragghianti aderirono dopo le elezioni politiche del 5 giugno 1946.
Non sono riuscito a trovare notizie sul conto di Tancredo Tancredi (1887-1972), evidentemente repubblicano “preistorico” e massone e probabilmente di religione valdese, dato che è sepolto nel Cimitero Evangelico degli Allori. Del sindaco Mario Fabiani (1912-1974), che ho avuto l'onore di incontrare più volte come esponente socialista e in un paio di occasioni, informali e memorabili, diffusamente insieme a mio padre, esiste una estesa e apprezzabile biografia (una tantum!) di Wikipedia, evidentemente derivata dal volume Mario Fabiani: il sindaco della ricostruzione scritto da Serena Innamorati, figlia di Giuliano, italianista, cara persona e mentore principale assieme a Gabriele Boniforti e, per certi versi storici e filologici, a Dino Pieraccioni, della mia formazione d'uomo e della mia preparazione letteraria in particolare.
Da notare in conclusione che c'è una stretta relazione temporale tra il progetto (12 ottobre 1947) di riforma per l' “Ufficio Arti e Antichità” del Comune di Firenze, redatto per il sindaco Fabiani da C.L.R. in qualità di Presidente dello Studio Italiano di Storia dell'Arte, postato in questo blog il 26 aprile 2018, e questo progettato Premio Firenze dell'8 ottobre 1947. Questa relazione conferma che, nonostante l'incipiente “guerra fredda”, tra le principali forze della Resistenza sussistevano ottimi rapporti, come questi tra comunisti e PRI, al quale Parri, La Malfa, Ragghianti aderirono dopo le elezioni politiche del 5 giugno 1946.
Non sono riuscito a trovare notizie sul conto di Tancredo Tancredi (1887-1972), evidentemente repubblicano “preistorico” e massone e probabilmente di religione valdese, dato che è sepolto nel Cimitero Evangelico degli Allori. Del sindaco Mario Fabiani (1912-1974), che ho avuto l'onore di incontrare più volte come esponente socialista e in un paio di occasioni, informali e memorabili, diffusamente insieme a mio padre, esiste una estesa e apprezzabile biografia (una tantum!) di Wikipedia, evidentemente derivata dal volume Mario Fabiani: il sindaco della ricostruzione scritto da Serena Innamorati, figlia di Giuliano, italianista, cara persona e mentore principale assieme a Gabriele Boniforti e, per certi versi storici e filologici, a Dino Pieraccioni, della mia formazione d'uomo e della mia preparazione letteraria in particolare.
F.R. (25 aprile 2018)
sabato 19 maggio 2018
La televisione (2) come fatto artistico
Già nel contributo Arti della visione. Una rubrica per la televisione (progetto del 27 febbraio 1979 e qui postato il 16 maggio 2018 ) Carlo L. Ragghianti illustra il proprio convincimento che anche la televisione può far parte a pieno titolo della espressività artistica dell'uomo tramite immagini in movimento e sonoro. L'attenzione e l'osservazione degli sviluppi di questo “nuovo” mezzo di comunicazione da parte dello studioso è senz'altro precedente, anzi coincidente con la “nascita” della televisione negli anni Trenta. Posso testimoniare al riguardo con il ricordo degli estratti dei resoconti circa lo stato di attuazione e circa i problemi della tecnologia rivoluzionaria in Italia pubblicati da “Cinema” (dal n.1, 10 luglio 1936), la rivista voluta da Romano Mussolini, sempre più saltuariamente per nascondere i ritardi imposti della complessità degli ostacoli prima, poi dal congelamento di ogni tipo di ricerca civile per supportare la preparazione della guerra. Non escludo, inoltre, che nel 1938 in Gran Bretagna Ragghianti si fosse anche informato della nuova opportunità “visiva” durante i contatti che ebbe con gli studiosi, gli intellettuali e i politici britannici e statunitensi, soprattutto con Dorothy Thompson (1893-1961), giornalista e radiocronista nonché antifascista americana convinta e pugnace. Non si dimentichi infine che questa considerazione di CLR nei confronti della televisione prosegue l'analoga indagine – precoce e straordinaria intuizione – affermata negli scritti giovanili sulla
cinematografia e sul teatro in seguito pubblicati in Cinema arte figurativa (Einaudi, Torino 1957 e successive edizioni).
Reputo dunque opportuno riproporre all'attenzione e alla riflessione tramite Internet anche altri testi significativi e importanti di C.L.R., accessibili – soprattutto per le giovani generazioni – ormai soltanto nelle biblioteche pubbliche di un certo rilievo e di non comoda accessibilità.
La Televisione come fatto artistico è un testo – diffuso soprattutto tramite “seleArte” (n.19, ago.-sett. 1955) e scritto per l'allora nota rivista “Mercurio” – che ebbe notevole risonanza per l'originale impostazione di un problema avvertito da molti utenti del nuovo strumento (1953), ovviamente non tutti intellettuali o studiosi di estetica. Questa disanima metodica del linguaggio televisivo è stata anch'essa pubblicata successivamente in Cinema arte figurativa e mantenuta in tutte le edizioni, stampate ciascuna con aggiunte e modifiche non sostanziali.
Siccome in precedenza Ragghianti si era occupato ripetutamente dei problemi espressivi collegati alla Radiofonia, ci ripromettiamo di analizzarli e riproporli in seguito in questa sede. Naturalmente così faremo anche per gli altri e a questo successivi contributi riguardanti specificatamente la televisione da un punto di vista soprattutto culturale, nonché con riflessioni sul monopolio e il servizio pubblico.
Reputo dunque opportuno riproporre all'attenzione e alla riflessione tramite Internet anche altri testi significativi e importanti di C.L.R., accessibili – soprattutto per le giovani generazioni – ormai soltanto nelle biblioteche pubbliche di un certo rilievo e di non comoda accessibilità.
La Televisione come fatto artistico è un testo – diffuso soprattutto tramite “seleArte” (n.19, ago.-sett. 1955) e scritto per l'allora nota rivista “Mercurio” – che ebbe notevole risonanza per l'originale impostazione di un problema avvertito da molti utenti del nuovo strumento (1953), ovviamente non tutti intellettuali o studiosi di estetica. Questa disanima metodica del linguaggio televisivo è stata anch'essa pubblicata successivamente in Cinema arte figurativa e mantenuta in tutte le edizioni, stampate ciascuna con aggiunte e modifiche non sostanziali.
Siccome in precedenza Ragghianti si era occupato ripetutamente dei problemi espressivi collegati alla Radiofonia, ci ripromettiamo di analizzarli e riproporli in seguito in questa sede. Naturalmente così faremo anche per gli altri e a questo successivi contributi riguardanti specificatamente la televisione da un punto di vista soprattutto culturale, nonché con riflessioni sul monopolio e il servizio pubblico.
F.R. (12 aprile 2018)
mercoledì 16 maggio 2018
domenica 13 maggio 2018
giovedì 10 maggio 2018
Arte dell'Africa nera, 1 (1949-1959)
Temo, permanendo la diffusa idiozia dell'uso di un “linguaggio politicamente corretto” e la suscettibilità delle persone di colore (da parte loro con un fondamento legittimo) che sia necessario ancora una volta giustificare in relazione all'arte la parola “negra” e per gli autori delle opere la parola “negro”, soprattutto in testi scritti nel secolo scorso. La derivazione dal latino niger in lingua italiana si è risolta già secoli fa in negro, appunto, usato normalmente e senza intento razzista. Certo i minus habentes che razzisti lo sono hanno sempre usato il termine in senso spregiativo, connotandosi come bestie che risultano purtroppo convivere con gli esseri umani. L'uso del vocabolo sostitutivo ed equivalente nero in italiano non ha molto senso o ragion d'essere; ma lo possiamo usare volentieri nei nostri commenti e nelle nostre note introduttive. Ben altro significato ha in inglese black (nero) da nigger, volutamente offensivo nei confronti di esseri umani di colore. (Pensa che gioia se i non bianchi ci chiamassero non solo “viso pallido”, ma anche “bianchiccio”, “slavato”, “fantasma”, “ectoplasma”, cioè la lava biancastra dei medium in trance!). Scusandomi per questo “cappello”, reso necessario d'altronde
dalla protervia interrazziale artificiosamente praticata per nascondere
brutture inconfessabili e per consentirne altre anche peggiori, dopo
quasi un anno dalla pubblicazione del post Il negro nell'arte europea
(21 giugno 2017) riprendiamo la ristampa – il più possibile cronologica –
degli scritti e degli interventi di Carlo L. e Licia Ragghianti che
riguardano soprattutto la creatività espressiva figurale
delle
popolazioni dell'Africa nera. Due precisazioni prima di entrare nei
dettagli: 1) il citato post Il negro nell'arte europea è stato
cronologicamente anticipato rispetto agli altri scritti perché ha per
argomento come gli artisti europei hanno raffigurato nei secoli gli
africani neri; 2) L'Africa settentrionale, dal Marocco all'Egitto, non
viene considerata in questa sede perché le popolazioni ivi viventi non
sono prevalentemente nere, e la loro storia e loro espressività
artistica sono per lo più islamiche, mentre l'archeologia è romana,
autoctona (ad es. Cartagine, i Tassili ecc.). Quanto all'Egitto, i più
di tremila anni preromani costituiscono una grandiosa civiltà a sé
stante. Di conseguenza i numerosi scritti dei coniugi Ragghianti saranno
pubblicati in appositi post con sequenza il più possibile cronologica.
Questo primo post della serie Arte nera comprende gli scritti di Carlo
L. R. e poi di seguito quelli di Licia Collobi R. pubblicati fino al
1959 compreso. Il loro reperimento è basato sulle rispettive
Bibliografie degli scritti, di conseguenza possono esserci sfuggiti
articoli il cui titolo non abbia consentito la registrazione
appropriata nelle suddette guide bibliografiche. Per fare un esempio,
nella rubrica “collezionista” delle due serie di “SeleArte” sono
senz'altro riprodotte opere d'arte africana non registrate come tali
bensì Yoruba o Gabon ecc.; altri casi non sono da escludere, ragion per
cui casomai “a dio piacendo” – come intercalava sempre Mario lo Strambi –
tra qualche anno li potremo riprodurre o darne almeno l'elenco.
lunedì 7 maggio 2018
venerdì 4 maggio 2018
L'Arte Moderna in Italia, 1915/1935 - 6. SAVINIO, TROMBADORI, MONACHESI, FONTANA, MUNARI, FRANCALANCIA, RUGGERI.
Post precedenti:
1. 30 dicembre 2017
Presentazione di Carlo L. Ragghianti.
Criteri del Catalogo, Bibliografia generale. Comitato d'onore; Comitato esecutivo; Comitato tecnico; Comitato di consulenza nazionale; Consiglio A.T.T. di Firenze; Consiglio de “La Strozzina”; organizzatori percorso museografico; segreterie; fornitori dell'esposizione.
2. 31 dicembre 2017
Criteri assegnazione schede critiche; criteri per la consultazione del Catalogo e quelli distintivi di questa rievocazione.
Artisti: ALCIATI, Nino BARTOLETTI, Pasquarosa BARTOLETTI, BIASI, BONZAGNI, BOSIA, BUCCI, CHECCHI, COSTETTI, FERRO.
3. 28 febbraio 2018
Artisti: GALIZZI, GEMITO, GRAZIOSI, Piero MARUSSIG, OPPI, PENAGINI, PRENCIPE, SPADINI, WILDT.
4. 25 marzo 2018
Artisti: BACCI, DUDREVILLE, GOLA, MAGRI, PARESCE, RAMBELLI, BARTOLI NATINGUERRA, GUIDI.
5. 15 aprile 2018
Artisti: BARTOLINI.
martedì 1 maggio 2018
{glossario} POTERE, 3
Questa riflessione è stata scritta da
R. tornato da una decina di giorni da un'ospedalizzazione durata
oltre tre mesi, e – ancora in convalescenza – poco più di un
mese prima di morire il 3 agosto 1987.
F.R.
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