Il primo
post della serie rievocativa di questa storica Mostra è stato
pubblicato il 30 dicembre 2017 e conteneva la Presentazione di Carlo
L. Ragghianti, i criteri del Catalogo, la Bibliografia generale. Vi sono
inoltre riportati i Comitati (d'Onore, Esecutivo, Tecnico, di
Consulenza nazionale), il Consiglio dell'AAT di Firenze e quello de
“La Strozzina” - promotori dell'iniziativa - gli ordinatori del
percorso museografico, le segreterie e i fornitori dell'esposizione.
Nel secondo post (31 gennaio 2018) sono indicati i criteri di
assegnazione delle schede critiche, quelli per la consultazione del
Catalogo e quelli distintivi di questa rievocazione. Seguono i primi
artisti schedati da Carlo L. Ragghianti: Alciati, Bertoletti Nino e
Pasquarosa, Biasi, Bonzagni, Bosia, Bucci, Checchi, Costetti, Ferro.
Carlo e Licia

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mercoledì 28 febbraio 2018
lunedì 26 febbraio 2018
Addendum a Dalí (& Surrealismo)
Purtroppo non è la prima
volta, né sarà l'ultima che dovrò ricorrere ad aggiunte, riprese o
postille riguardo uno specifico argomento di cui si è già scritto
in questo blog. Dopo aver chiesto venia per aver fornito dati e
notizie parziali o incompleti, posso trovarmi una scusante nell'
“immensa” mole di documenti lascito dei coniugi Ragghianti (di
cui mi onoro di essere il figlio primogenito a sua volta in via di
scomparsa da questo strambo mondo) ed in deprecati casi “clamorosi”
invocare indulgenza per l'intervento carente di un “dilettante”,
talvolta evoluto, in altri contesti semplicemente orecchiante
orgoglioso di ciò di cui si fa tramite per una rinnovata conoscenza
di sapere. Nel caso specifico, che riguarda Dalí e per certi versi il Surrealismo, oltretutto mi sento imbarazzato per dover tornare ad occuparmi di un figuro di talento, che disprezzo eticamente e culturalmente, il quale purtroppo gode tuttora di numerosi (troppi!) attestati di stima e considerazione.
Ricordo che il post
precedente, che riportava quanto allora presumevo fosse stato scritto da
C.L.R., è stato immesso nel blog il 26 gennaio 2017.
Delle due "voci" scovate successivamente nella serie Panini editore di "Critica d'Arte", mi accorgo che la prima (n.4, 1985, pp.29-30) non è altro che la riproposta della nota Assunta Atomi Toreri ("SeleArte", n.4, 1955, p.75) che già nel titolo qualifica la considerazione di Ragghianti nei confronti dell'Avida dollars, anagramma quanto mai azzeccato affibbiato con disprezzo a Dalí da André Breton.
Il secondo intervento di R. consiste nell'articolata risposta ad uno studente dell'Università dell'Arte di Firenze circa il "caso Salvador Dalí". La riproduciamo ricordando che essa fu in origine pubblicata su "Critica d'Arte", lug.-sett. 1987, pp. 3,4.
Il secondo intervento di R. consiste nell'articolata risposta ad uno studente dell'Università dell'Arte di Firenze circa il "caso Salvador Dalí". La riproduciamo ricordando che essa fu in origine pubblicata su "Critica d'Arte", lug.-sett. 1987, pp. 3,4.
F.R. (19 dicembre 2017)
sabato 24 febbraio 2018
giovedì 22 febbraio 2018
lunedì 19 febbraio 2018
Traversata di un trentennio, 4
venerdì 16 febbraio 2018
Licia Collobi e l'arredamento storico,3 - La sedia di Chiavari
Non so per
quale errore – perché di disguido in questo caso non si può
parlare – sfuggito ad ogni controllo di C.L. Ragghianti e di Licia
Collobi, nella Bibliografia degli scritti sia stata attribuita
a Carlo questa scheda di proto-design che, invece, è stata scritta
da Licia Collobi, sua moglie.
Premesso che
per i coniugi Ragghianti i loro scritti su “SeleArte” dovevano
essere redazionali; cioè non firmati dall'autore materiale perché
egli agiva in quel contesto sulla base di regole precise quali in
primis un linguaggio accessibile, privo di gerghi professionali
escludenti i non addetti ai lavori. Perciò “ideologicamente” per
i Ragghianti l'autografia in “SeleArte” era concepita soltanto
per interventi che richiedevano assunzione di responsabilità critica
individuale.
Però le
bibliografie dei loro scritti (soprattutto quella di Carlo da cui è
derivata in gran parte per esclusione quella di Licia) attribuiscono
gli scritti esplicitamente per acribia filologica nei confronti dei
lettori e dei posteri. Tutto bene se in quella di C.L.R. non si
fossero presentate lacune anche abbastanza vistose ed errori non
accettabili. Ragghianti morì durante la stesura della bibliografia e
non l'ha mai controllata. Noi lo abbiamo fatto soltanto a posteriori,
cioè a stampa avvenuta senza poter intervenire efficacemente pur
avendo dubbi e concreti sospetti. Certo i coniugi R., pur con caratteri così differenti, professionalmente erano amalgamati in una singolare ed efficace sintonia, tendente a dar fiducia alle persone e, se possibile a scagionare i difetti e le mancanze quando ritenuti operati in buona fede. Comunque non è questo il caso: di buona fede non si può
parlare, anzi la banda sedicente esperta di realizzazioni computerizzate è risultata meno competente di una dattilografa di copisteria, più arrogante e costosa di uno studio professionale affermato. Sostanzialmente un salasso inaspettato a carico della cassa dell'Associazione creata per sostenere la pubblicazione completa delle opere di Carlo L. Ragghianti, la quale non è un caso che non abbia funzionato come previsto dalle possibilità iniziali di bilancio e auspicato dai sottoscrittori.
L'incuria e l'incompetenza di chi operò a proposito di questa sciagurata Bibliografia, sono aggravate anche dall'assenza di indagine critica sui testi di incerta attribuzione, come in questo caso dove un “dilettante” qual io sono è in grado, dopo la lettura del testo e un'analisi stilistica e terminologica anche sommaria del contesto, di propendere per l'attribuzione a Licia Collobi. E' bene ricordare che appena l'anno prima (1951) mia madre aveva curato per la Triennale di Milano la Mostra e il Catalogo de La sedia italiana nei secoli (vedasi la riedizione in anastatica di “Luk”, fasc.speciale, n.7, Lucca 2005 e il nostro post omonimo del 16 gennaio 2018) che concludeva l'indagine storica sulle sedie al sec. XVIII, escludendo quindi il successivo fenomeno, indagato adesso in questa sede. Quindi si può presumere che la studiosa triestina fosse più qualificata per ricordare questo particolare arredo mobile. Infine un argomento dirimente e incontestabile: esiste (qui sotto la riproduciamo) la minuta di una scheda intitolata La sedia di Chiavari indubitabilmente scritta con la calligrafia di Licia Collobi ed evidentemente preparata in occasione della Mostra alla Triennale.
F.R. (11.11.2017)
mercoledì 14 febbraio 2018
lunedì 12 febbraio 2018
Razzismo e coscienza morale
Poco più di
un anno dopo lo sconfortato post Razzismo, e non solo, dilagante
(si veda il 22 dicembre 2016), le manifestazioni di aggressività e
di odio razziale straripano ed inquinano le relazioni interregionali
europee di Stati tutto sommato ancora retti da sistemi democratici,
seppur in grande sofferenza. Ciò in troppe parti del mondo degenera,
con sempre maggior frequenza e sempre più spietata assurda violenza,
in vere e proprie guerre civili.
Qui in
Italia, stando a sondagi e analisi di tendenza, avremo un governo non
solo di destra più o meno tradizionale (cioè egoista, razzista,
violenta ma vile; con o senza l'apporto volenteroso di ex
catto&comunisti tornati alle origini prebelliche dei loro “padri”
fascisteggianti) ma addirittura col contributo determinante di
esponenti e gregari poco neo ma molto fascisti, spalleggiati
da energumeni che si sono e si stanno temprando come mercenari in
luride guerre civili e neo-coloniali, fomentate da un forsennato
egoismo religioso e/o razziale. Fallito il tentativo di rendere soft
i contraddittori messaggi sociali e le aspirazioni di un Nord
teutonizzato nel mito di una sua presunta superiorità,
centro-sinistra? e sinistra? non sembrano più in grado di
contrastare alcunché, neppure di impedire che il corpaccione inerte
dei propri concittadini stia seguendo le “sirene” identitarie e
sedicenti sovraniste.
(Certo per
una cultura razionale, se non fosse tragico, sarebbe soltanto
ridicolo cercare purezze razziali in una delle terre da sempre più
invasa e colonizzata con infiniti incroci di popoli diversissimi tra
loro, dai Normanni ai Turchi e agli Arabi, soltanto per fare un
esempio). In
conclusione per doverosa costernazione, consapevoli che i componenti
di una civile società resistono prima e possono sopravvivere poi
soltanto spiritualmente e culturalmente alle barbarie, proponiamo
un'argomentazione con la lettura di un opuscolo del 1958, cauto
forse, chiaro, certo non aggressivo ma già allarmato dai segnali di
risveglio fascista che culminarono (1960) nel governo Tambroni, nei
moti di Genova e nelle mattanze su operai in Emilia. Per la mia
generazione (1940), teoricamente vaccinata contro i veleni dalla
Costituzione Repubblicana (inattuata allora in molte parti
fondamentali tuttora priva di attuazioni importanti -
regolamentazione di Partiti Politici e Sindacati dei lavoratori -),
questo libretto fu un utile “richiamo” contro la strisciante
insorgenza della più viperina delle latenze discriminatorie: il
razzismo.
Rileggendolo
oggi si deduce, oltretutto, che se negli anni a seguire si fossero
applicate ed attese le leggi vigenti e nuove allora proposte, oggi
sarebbe superfluo prendere in considerazione le impaurite proposte
(novelle “grida” manzoniane?) come quelle di recente approvate
per contrastare il fascismo odierno che è naturaliter,
razzista. Comunque qualcosa di effettivo, di operativo ( e non solo
di difesa passiva) va fatto, persino prendere in seria considerazione
ciò che avviene oggi contro le mostruosità razziste e fascistoidi
negli U.S.A., dove si sono formati anche gruppi “Antifa”(scisti)
radicali e decisi a difendere Libertà e Costituzione con le armi, se
necessario, come i John Brown Gun Clubs.
F.R. (10
gennaio 2018)
sabato 10 febbraio 2018
venerdì 9 febbraio 2018
mercoledì 7 febbraio 2018
lunedì 5 febbraio 2018
Democrazia declinante, democrazia delirante. - Elezioni politiche 2018 in Italia
Cito e sottoscrivo:
<< Salve, sono un "elettore d'opinione" che se ne frega del voto di scambio e pure del voto utile: sempre camminato con le mie gambe e ragionato con la mia testa, mai chiesto niente di utile o inutile a nessuno. Volevo astenermi, ma poi ho capito che è quello che vogliono i partiti, ben contenti di tenersi i voti che controllano e di liberarsi di quelli che non controllano. Dunque andrò a votare. Per chi? Deciderò all'ultimo, in base al programma e ai candidati che più mi convinceranno...>>.
Perché questa citazione dall'editoriale di Marco Travaglio del 29 gennaio sul Fatto Quotidiano?
Perché dal 1953 "Legge truffa", sostanzialmente sconfitta, ad oggi la semi-democrazia parlamentare italiana è in continua, progressiva disgregazione. Dal 1994 scompare progressivamente il controllo parlamentare sull'Esecutivo, via via, per prassi non per iure, con
Perché dal 1953 "Legge truffa", sostanzialmente sconfitta, ad oggi la semi-democrazia parlamentare italiana è in continua, progressiva disgregazione. Dal 1994 scompare progressivamente il controllo parlamentare sull'Esecutivo, via via, per prassi non per iure, con
interventi più che discutibili, veri e propri sostanziali attentati alla Costituzione, disattesa già in molte parti e svuotata nella sua essenza.
Oggi Cleptocrazia e Televideocrazie monopolistiche sono protagoniste, decisive rispetto al voto espresso. Quello inespresso, non è più di protesta nei fatti, è divenuto complice dei risultati del voto, che piaccia o no.
Oggi Cleptocrazia e Televideocrazie monopolistiche sono protagoniste, decisive rispetto al voto espresso. Quello inespresso, non è più di protesta nei fatti, è divenuto complice dei risultati del voto, che piaccia o no.
F.R. [30 gennaio 2018]
domenica 4 febbraio 2018
Ragghianti, un libro del 2011 - Pieraccini 2
Di recente, a luglio, mi
era stato chiesto di approfondire nella rivista “Luk” quanto
pubblicato il 2.6.2017 nel post Ragghianti e Pieraccini – Arte e
politica circa il rapporto tra queste due personalità con
particolare riferimento allo statista. Rifiutai cortesemente l'invito
un po' perché, per quel che mi riguardava, pensavo di aver esaurito
l'argomento ed anche perché non volevo rattristare un uomo di 99
anni che stava per compierne cento: avrei dovuto, infatti, entrare
inevitabilmente in giudizi di merito riduttivi, a meno di ricorrere
all'adulazione, cosa che mi ripugna. Il testo che in questo post
viene riportato, poi, è una testimonianza, un documento tale da non
giustificare un articolo con considerazioni politiche e
storiografiche a sé stanti.
Nei giorni scorsi
finalmente cominciai a scorrere con attenzione un libro dal mio punto
di vista iconograficamente appassionante perché illustrava tutte le
incisioni della storica cartella Galleria Grafica Contemporanea.
50 incisioni originali di Maestri Italiani (1964, Edizioni il
Bisonte, Firenze) alla realizzazione della quale – sia pur
marginalmente – partecipai e che comunque è all'origine della mia
personale passione per tutti i tipi di stampe, in bianco-nero
particolarmente. Questo volume contiene anche quasi tutte le
litografie a colori dall'esordio della Stamperia d'arte Il Bisonte,
fondata e diretta da Maria Luigia Guaita amica dei genitori
Ragghianti, staffetta partigiana, collega e compagna di missioni di
Licia Collobi, mia madre.
Colgo a questo punto
l'occasione per scusarmi dell'enorme ritardo con cui voglio
ringraziare Alessandro Tosi, curatore, e i suoi collaboratori per il
corretto e toccante, nonché efficace contributo che questo bel
volume L'Arte del XX secolo. Carlo Ludovico Ragghianti e i segni
della modernità (Edizioni ETS, Pisa 2011) concorre a consolidare
la conoscenza dell'opera di mio padre. Come si suol dire, meglio
tardi che mai, anche se non è scusa bastante l'essere all'epoca
esasperato nei confronti degli ufficiali e ufficiosi detentori del
“solido” lascito intellettuale e operativo dei coniugi
Ragghianti; è scusante sufficiente, temo, il fatto che in certe
situazioni sono lento come un bradipo, tant'è che c'è stato chi
m'ha soprannominato “Diesel”.
Il libro si occupa anche
del Gabinetto Disegni e Stampe dell'Istituto di Storia dell'Arte
dell'Università di Pisa e del contributo per il suo rilancio,
intorno alla collazione Timpanaro, de “Il Bisonte” di Maria Luiga
Guaita, il cui odierno direttore Rodolfo Ceccotti è presente nella
riproduzione dell'incisione raffigurante Carlo L. Ragghianti,
eseguita per ricordarlo subito dopo la sua morte (3 agosto 1987). Per completare questo post penso che, in relazione alla Cartella e al Gabinetto citati, risulti opportuno riprodurre il testo di Alessandro Tosi e quello di Gigetta Dalli Regoli perché illuminanti e
complementari a definire la personalità di Ragghianti nei primi anni Sessanta del secolo scorso. Quest'opera, infine, contiene una serie di contributi di
Paolo Riani, Susanna Caccia, Roberto Castiglia sulla Mostra “Le
Corbusier” tenuta a Palazzo Strozzi nel 1963; di Pier Marco de
Santi e Valentina La Salvia sul critofilm Michelangiolo (1964) e per
ultimo il saggio di Emanuele Pellegrini (1954-1964: un decennio e
due commissioni d'indagine per il patrimonio culturale) conclude
adeguatamente il libro – dimenticavo di dirlo – concepito e
realizzato nell'ambito delle celebrazioni del primo centenario dalla
nascita di Carlo L. Ragghianti. Argomenti tutti di sicura attenzione
e ripresa da parte di questo blog nel prossimo futuro.
Questa doverosa relazione
dell'iniziativa pisana ci riporta a Giovanni Pieraccini in quanto al
suo interno compare un testo – che ignoravo – intitolato La
complessa goethiana personalità di Carlo Ludovico Ragghianti.
Come già il titolo prefigura, si tratta di un ricordo rilevante e
sincero; ed è anche importante testimonianza dell'effettivo rilievo
che Ragghianti ebbe nella resistenza toscana e nel suo governo
fattivo ed efficiente con progetti e proposte esemplari per il resto
d'Italia, sia quella da liberare che quella liberata dove il governo
alleato filomonarchico limitava questa rivoluzione democratica. Per
non parlare poi, purtroppo, dei partiti politici risorti o nuovi già
allora orientati ad una miope gestione del potere, concepito
soprattutto quale tramite del proprio immediato vantaggio e con
l'emergere di sconfortanti situazioni – oggi in pieno rigoglio –
dove il guicciardiniano “particolare” sembra l'unico obiettivo da
raggiungere.
In conclusione, qui di
seguito riproduciamo le pagine di Pieraccini, che tra l'altro
rammemora affettuosamente Maria Luigia Guaita; seguono poi le pagine
di Alessandro Tosi e quelle di Gigetta Dalli Regoli con una
testimonianza che tratteggia efficaci e centrati ritratti di artisti e cari amici come Farulli, Mattioli, Zancanaro ed altri gravitanti attorno alle
iniziativa del Gabinetto Disegni e Stampe dell'Istituto di Storia
dell'Arte, di cui delinea un affettuoso ricordo sul suo essere e sul suo sviluppo. Su questo specifico argomento non è escluso su questo
blog un intervento con le osservazioni di C.L. Ragghianti.
F.R.
(20.10.2017)
P.S. - Dato che per le incisioni della Cartella "50 incisioni originali di Maestri Italiani" è previsto un apposito post, illustro questo intervento con litografie presenti nel Gabinetto Disegni e Stampe dell'Università di Pisa e stampate in quel periodo da "il Bisonte" di Maria Luigia Guaita, che - voglio ricordarlo - agli esordi dell'azienda fu assistita da Alfredo Righi e Pier Carlo Santini, soprattutto.
giovedì 1 febbraio 2018
[glossario] 1968, 1
Nel 1968 io
ero un uomo quasi maturo, comunque responsabile, lavoratore “della
mente” e cosciente dei miei diritti (molti dei quali allora
– come oggi – disattesi dalla Repubblica) e dei miei doveri
(molti dei quali allora come adesso disattesi dai concittadini), nel
'68 aspettavo ragionevolmente il 1969.
Carlo L.
Ragghianti nel 1968 era suo malgrado un Cincinnato tradito negli
ideali, era l'uomo che di lì a poco (1978) avrebbe scritto
Traversata di un trentennio. Testimonianza di un innocente;
continuava ad essere un intellettuale engagé,
un esempio di vita pratica e di studioso integerrimo: manifestava
sobriamente la “costruzione morale di sé”, quella di sempre,
quella iniziata consapevolmente durante le infinite notturne
conversazioni di lui adolescente con Eugenio Montale, cioè quel fil
rouge di sempre, impostosi con
consapevolezza fin dalla prima giovinezza.
Per
questa sua peculiare coerenza (parola che non significa non
cambiare opinione – motivatamente – ma essere conformi ai propri
principi ideali) già in questo sciagurato anno
1968 fu coinvolto come vittima designata, come ostacolo vistoso e
testimone imbarazzante delle ambizioni smodate, dei risentimenti
ingiustificati, dei tradimenti più o meno smaccati, dei masochismi
compiaciuti, alle rivendicazioni oggettivamente assurde, ecc.
ecc.
Il
'68 fu propedeutico a quella che forse è stata la
più colossale orgia trasformistica, col tradimento sostanziale delle
radici (fragili), della democrazia di Montesquieu, dell'Inghilterra,
delle Rivoluzioni Americana e Francese. Contribuì, quell'anno
orribilis
ad consolidamento – per fortuna provvisorio – del totalitarismo
sovietico e del caudatario Maoismo; favorì la diffusione delle
perversioni intellettuali dei Marcuse, delle psicologie e psichiatrie
assolutorie, consentendo l'accettazione sociale dell'irresponsabilità
personale e del relativismo becero e cinico.
Il
'68 fu compiaciuta regressione culturale, equiparò l'illecito al
lecito, promosse la volgarità contro l'educazione, per non dire di
quei comportamenti che venivano definiti “signorilità” e che
nulla avevano ed hanno a spartire con il predominio di classe sugli
altri esseri umani. L'aggressività fece aggio sulla mitezza; il
sesso fu svilito a consumo confuso, banalizzato nell'immediatezza, ne
fu offesa la reciprocità consapevole e doverosa.
Il
'68 fu determinante per la distruzione di tanti valori,
in particolar modo di tutto ciò che riguarda l'onestà
individuale e collettiva, spalancando il baratro dell'attuale
“cleptocrazia” (governo dei ladri), diffusa su scala planetaria
senza validi contrappesi.
Il
'68 non fu una rivoluzione, fu R I V O L T A N T E.
L'intemerata che ho fin qui scritto rappresenta ciò che penso da cinquant'anni
ed è il risultato di lunghi meditati rammarichi e
risentimenti. Non mi importa se adatta o meno, non lo è per
introdurre l'argomento. Adatta mi pare, invece, questa breve nota che
pubblico in esergo al post, cioè un testo di R. che, in luogo di
altre sue ponderate e motivate analisi sull'argomento, risulta la
pacata (forse un tantino ironica) considerazione dettata proprio per
non dare troppa importanza alle negatività, tuttora permanenti degli
indotti effetti neo-fascisti del 1968.
Il
'68, per concludere, è sostanzialmente il volano, la base di
partenza di quel tragitto economico che dai benemeriti Keynes, F.D.
Roosevelt e Lord Beveridge accantonati dalla “scuola” di Chicago
si attua pienamente oggi nell'incredibile mostruosità
per cui la ricchezza di poche decine di privilegiati equivale a
quella di oltre 3 miliardi e mezzo di esseri umani.
Trovo
quindi che C.L.R. provi soprattutto compassione per il fenomeno '68 e
gli innumerevoli soddisfatti individui che ne cercarono e
ottennero – troppo spesso! – i deleteri
ingiusti vantaggi. In queste parole credo si possa intravedere la
statura morale di Ragghianti, la freddezza dello storico, la
tristezza del filosofo.
F.R.[10
gennaio 2018]
P.S.
- Dopo la certa virulenza che a rilettura ho
riscontrato nella precedente invettiva circa la rievocazione del
cinquantenario del “1968”, avevo deciso di sospenderne la
pubblicazione per una pausa di riflessione circa l'opportunita' di
rendere noto questo testo, scritto il giorno del mio 78°
compleanno, soprattutto in considerazione dell'agitato e isterico
periodo elettorale in corso.
Però
oggi 26 gennaio vedo nel blog che “Il fatto quotidiano” (l'unico
giornale che, sia pur non tutti i giorni, leggo) un post del giovane
filosofo Diego Fusaro dal titolo: “Il Sessantotto, l'anno più
sciagurato della storia recente”. Colpito dal termine SCIAGURATO
anche per me connotante quell'anno, e dopo la lettura dell'agguerrito
e pungente scritto di cui condivido molte considerazioni e apprezzo
argomenti e osservazioni, mi trovo a voler sottoscriverne interamente
una frase: “Il Sessantotto fu una sciagura di cui ancora
oggi paghiamo le conseguenze. In termini marxiani fu insieme una
tragedia e una farsa”. Di conseguenza dopo la lettura di questo
blog mi permetto di raccomandarlo alla considerazione degli
“smemorati” già marxisti o comunque comunisteggianti. Trovo,
infine, che anche la mia rampogna possa e debba essere sdoganata, se
non altro come testimonianza di una “vittima”.
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