Già prima
della importante ed esauriente esposizione che si sta tenendo presso
la Fondazione Ragghianti di Lucca dal 29 Settembre al 7 Gennaio 2018
e del relativo Catalogo – che ancora non conosco – avevo
preparato la seguente scheda su Mario Nigro, di cui ricorre il
centenario della nascita. A far ciò ero stato stimolato dal curatore
di questa Mostra, Paolo Bolpagni, che in un colloquio telefonico
m'aveva parlato della speranza di riuscire a realizzare questa sua
iniziativa.
Il nome, e
in parte l'opera, di Nigro mi erano noti dalla fine degli anni
Cinquanta perché ne avevo sentito parlare da Lele Monti, proveniente
da Livorno dove l'artista lavorava come farmacista (evidentemente
anche all'epoca la vita di un artista si basava sul precariato e gli
era difficile “campare” di sola arte), e da Vinicio Berti con la
solita vis polemica spesso inattendibile e paradossale.
Rinvangando ricordi lontani e smarriti, ho voluto controllare quali
fossero – e se ci fossero stati – i rapporti con Carlo L.
Ragghianti. Che si conoscessero lo avevo constatato durante non so
più quale inaugurazione di Mostra (Chiattone?) nei locali
dell'Istituto di Storia dell'Arte dell'Università di Pisa, dove il
babbo mi presentò l'artista.
Dal mio
Archivio riscontro tre lettere e due superstiti acquerellini
augurali, che pubblico in questo post. La prima comunicazione è del
2 ottobre 1955, scritta in occasione della Mostra pratese 60
Maestri del prossimo trentennio (vedi il nostro post del 28
settembre 2017), dalla quale risulta che egli non conosceva di
persona Ragghianti, cui tra l'altro si rivolgeva con il lei. Si
tratta di una lettera garbata, con un pizzico di malinconia ma non di
risentimenti, così presenti e diffusi in tanti artisti, specialmente
quelli ideologicamente “impegnati”, ma non per questo migliori di
altri contigui ed affini.
Di dopo
l'Alluvione del 1966 (15 dicembre) è la seconda missiva, nella quale
l'artista risponde positivamente all'appello di Ragghianti di donare
una propria opera d'arte per il “costituendo” Museo d'Arte
Contemporanea di Firenze (di cui ero parte non marginale nella
informale segreteria operativa) e alla richiesta di segnalare
“colleghi” ritenuti validi ed idonei. Da questo foglio si deduce
che Ragghianti e Nigro avevano ormai anche una certa dimestichezza,
come dimostra il darsi del tu, cosa – per altro – più che
probabile dato che tra Pisa (dove C.L.R. risiedeva come minimo due
giorni alla settimana per insegnare, sì ma anche dove aveva una
inevitabile vita sociale) e Livorno
intercorrono 10 chilometri di strada statale e altrettanti di ferrovia assai trafficata da frequenti convogli. Ciò fino al
1958, quando Nigro si trasferisce a Milano, dove per altro in quegli
anni Ragghianti si recava abbastanza spesso. Da notare il piglio
sicuro ma non arrogante, consapevole della propria originalità
professionale.
La terza
lettera (14 febbraio 1967) conferma una certa confidenza tra il
pittore e il critico.
Siccome sono
stato apprezzatore della PopArt, dello OpArt e, sia pur
con perplessità sull'autentica vocazione di alcuni protagonisti, del
coacervo espressivo della fenomenologia detta astrattismo,
intendo dire qualche parola di apprezzamento per questo pittore.
Trovo una certa consonanza con la ricerca di Piero Rambaudi (di una
decina d'anni più anziano) seppur in Nigro ci siamo momenti meno
lineari, meno “architettonici”, probabilmente derivanti dal suo
eclettismo giovanile e dagli spiccati interessi musicali con le loro
sinuosità di ritmi. Così ci sono concomitanze col fiorentino (in
realtà, se ben ricordo, pistoiese come Nigro) Gualtiero Nativi,
laureato in architettura, permanentemente dolente vittima
dell'incomprensione togliattiana. Con i fiorentini, specialmente del
gruppo “Arte d'oggi” può aver avuto in comune l'ideologia
politica, la cui derivante estetica è da lui declinata comunque con
maggiore consapevolezza critica, più che “eretica” diversa, al
contempo di matrice ed orientamento differenti e non dissenzienti.
Quando a Dorazio e altri artisti e non tali citati, trovo corretto
quanto Nigro dice di loro nella seconda lettera. Ho letto di una
derivazione cubista, direi inevitabile, però non “derivante”
dalle esperienze di Mondrian, il quale come un clown bianco non ha
guizzi e comportamenti improvvisi e sperimentali che, invece, in
Nigro paiono elegantemente espressi. Non voglio fare altri
accostamenti internazionali, cito solo Albers e Soto che mi frullano
in mente.
Concludo con
una nota di colore: nel dépliant della mostra lucchese qui sotto
riprodotto, noto che l'opera di Nigro “Rivoluzione 1981” ha un
andamento che appare ripreso (affinità?) nella troppo celebrata
Passerella sul lago d'Iseo, e nel conseguente
art-merchandising di quel furbacchione tanto strombazzato dai media
qual è il bulgaro Christo.
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Depliant Mostra alla Fondazione Ragghianti, Lucca. |
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Passerella sul lago d'Iseo realizzata da Christo e l'artista che ne dipinge una versione. |
Per la biografia e altre informazioni su Mario Nigro (1917, Pistoia - 1992, Livorno) si veda il sito ufficiale dell'artista sul web e il più succinto resoconto di Wikipedia.
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